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L’osceno libro della notte

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“Il tempo è inarrestabile”. Luca Carda scomoda Proust e Dostoevskij per tentare di capirlo, di dargli un senso, ma è evidente che non è possibile studiarlo, fermarlo, arrivare a comprenderlo. Esso passa mentre lo osservi, mentre lo misuri, mentre lo odi e lo condanni. La vecchiaia infatti ne è testimone imbattibile e inevitabile, un monito che ci attende inesorabile, anche quando non siamo pronti e fingiamo che non stia accadendo davvero: i dolori muscolari diffusi, la tristezza che ci pervade, l’affanno… ci rendono nervosi, vorremmo scacciarli, senza renderci conto che sono ospiti sì sgraditi, ma che ormai ci appartengono. E mentiamo a noi stessi. Che assurda pretesa! Che tentazione avventata e inutile quella di voler essere perennemente giovani sconfiggendo la vecchiaia! Ma la gioventù è un dono inconsapevole e vantaggioso: porta in sé il privilegio di non sapere ciò che sarà, permettendo ai giovani di affacciarsi al futuro con speranza e incoscienza. Luca offre una storia messa insieme assemblando le storie di due vite, la sua e quella di un altro, scovata per caso in un posto dove nessuno aveva avuto il coraggio di guardare e interiorizzata con impegno e dedizione, facendola sua, sovrapponendola al suo vissuto, confondendone i contorni fino a farla diventare come un accadimento unico, iniziando a raccontare…

Interessanti l’espediente narrativo e l’idea: stratagemmi sempre efficaci. Peccato che la lettura sia rallentata dallo stile esageratamente ricercato, dallo sfoggio di cultura e dalle digressioni filosofiche che sono sicuramente la comfort zone di Luciano Aprile, ma che la appesantiscono. L’analisi psicologica del mondo, dei personaggi e dei rapporti umani sono una zavorra pesantissima e ridondante, tanto che anche i numerosi elementi erotici che forse in un altro contesto sarebbero stuzzicanti, immersi in queste pagine sono così estranei che stridono e sembrano solo una squallida ossessione. Numerosissime le citazioni: libri, film, autori illustri, a volte anche forzate, ma in linea con il protagonista, “una versione antropomorfa dei Baci Perugina”. Difficile empatizzare con gli irritanti personaggi, così estremizzati da sembrare un’ulteriore psicanalisi. Luca si rifugia nei libri e nella cultura, fugge le persone ma le giudica, rifiutandosi di vivere davvero. Mila è superficiale, frivola, scorretta. Borromeo è visto soltanto dagli occhi altrui: adoranti di Luca e giudicanti di Mila, i suoi stessi scritti riportati da Luca sono così pervasi di giudizio che è impossibile crearsene uno personale. Luca però si identifica con il professore, trovando numerosi parallelismi tra le personalità e la misantropia. I temi toccati, anche se con opinione non sempre condivisibile, sono molteplici: amore, sesso, moralità, educazione, politica, abbandono… Comunque il messaggio dell’autore traspare forte e chiaro e dà un sapore amaro e struggente: bisogna vivere la vita, non fuggirla, bisogna amare e farsi amare.