
Sunil anche stasera puzza di rum. Quando torna a casa in questo stato, Betty sa che non può accadere nulla di buono. Il primo calcio, dritto negli stinchi, arriva mentre la donna prende le cose del marito dalla macchina. Il piccolo Solo sta guardando la tv, Sunil gli ordina di prendergli le ciabatte e di sfilargli le scarpe. Un calcio sul naso, il sangue che scende copioso. Chiede al bambino cosa ha fatto a scuola. Solo esita, risponde “Non lo so”. Sunil lo fa inginocchiare, lo afferra per i capelli. Uno schiaffo sulla testa, poi un calcio allo stomaco. La cena è troppo salata: il mattarello, lasciato accanto al lavandino, vola verso Betty, ulna e radio spezzati in due. Al funerale di Sunil, Betty ripete che è stata una caduta dalla scala a pioli. E pensare che a detta di tutti era fortunata, Betty, ad avere Sunil, ad avere l’amore... Nel caos mattutino che anima le strade di Trinidad, Mr Chetan vede un’auto rallentare. È Miss Betty Ramdin che lo invita a salire. Lavorano nella stessa scuola, lei segretaria, lui insegnante di matematica. Betty parla per tutto il viaggio, fa domande, ma Chetan non vuole darle troppa confidenza. Trinidad è piccola ed “è un attimo che tutta la città sa i fatti tuoi”. Sul sedile davanti siede Solo, che borbotta un saluto in direzione di Mr Chetan. Miss Betty spiega a Chetan che dopo la morte di Sunil non è facile andare avanti, perciò cerca qualcuno cui affittare una stanza e lo prega di tenere le orecchie aperte. Chetan in effetti cerca una sistemazione temporanea, potrebbe affittare lui la stanza. In quattro e quattr’otto si accordano, Chetan compra dei mobili nuovi e si trasferisce. Solo gli mostra la casa, non smette di parlare. Gli dice di stare attento alla scala. È la stessa da cui è caduto suo padre Sunil, era la sera del suo compleanno...
Non sembra scontato confermare che questo Love after love, romanzo d’esordio della scrittrice di origini caraibiche Ingrid Persaud, parli effettivamente d’amore. Dal titolo – che ricalca quello di una bellissima poesia di Derek Walcott, premio Nobel per la Letteratura nel 1992 – al delicato ritratto di una famiglia non convenzionale, legata dal più puro e sincero degli affetti. Poiché questo amore, così come la Persaud sceglie di rappresentarlo, non è mai uguale a sé stesso e continuamente muta, nel fluire a volte imperscrutabile della vita. Dapprima è desiderio, perdono, amore materno, amicizia, fiducia. Speranza in ogni avversità, perché, come crede fermamente Miss Betty, “Dio è amore”. E d’improvviso rivela il suo opposto. Abbandono, tradimento, odio, violenza domestica, omofobia. Sullo sfondo, ma protagonista al pari di Betty, Chetan e Solo, l’isola di Trinidad, i paesaggi mozzafiato, i profumi deliziosi, ma anche il suo lato più oscuro e contraddittorio, tra mancate promesse di modernità, affascinanti e antiche tradizioni, episodi di criminalità e di quotidiana intolleranza. Una dichiarazione d’amore anche questa nei confronti di radici che sono, nonostante tutto, importanti. L’ode a una terra in cui, dirà Chetan a Solo, “è sepolto il tuo cordone ombelicale”. Ed è un legame che non può scomparire, anche se al ricordo e alla bellezza si sovrappone il dolore; anche se, come nel caso di Mr Chetan, omosessuale, il solo fatto di essere sé stessi può costare la vita ogni giorno; o se la cecità di fronte all’abuso (“Ti rompe una mano? Una lettera d’amore. Ti manda all’ospedale per una settimana? Amore che resiste a ogni tempesta. Ti accoltella a una gamba? Finché morte non ci separi”) fa sì che a volte ci si debba salvare da soli. La scrittura di Ingrid Persaud è davvero luminosa, vivida. La scelta di una narrazione che allenta la distanza, anche tipograficamente, tra racconto e discorso diretto fa sì che sia impossibile non affezionarsi ai personaggi e alle loro voci, da ascoltare con la tenerezza e il trasporto di una confidenza. Un piacere prestare loro orecchio sino al finale. Dolceamaro. Come, d’altronde, spesso è l’amore.