
Agata è ancora parte di lui, un frammento spezzato come il suo cuore, ma ancora appiccicato addosso. C’è poco da fare. Nemmeno la compagnia degli amici, nonostante i ripetuti tentativi di riportarlo a galla da quel limbo in cui lei lo ha mandato, ha sortito qualche effetto. Umberto, Nadia, Marilena, Zeno, la Leti e Corradino - ciascuno a modo suo - hanno provato a scuoterlo. E dire che con Nadia ha persino provato a smarcarsi dalla compagnia per un’uscita a due, ma si è subito capito che non c’era alchimia tra loro. Amici erano e amici resteranno. Non si sa se la professione di pedagogista c’entri qualcosa nella sua difficoltà di recuperare, essere di aiuto agli altri non significa essere capaci di aiutare se stessi, ma Agata è una spina nel fianco, di più, è una lancia nel costato. Ma la vera domanda è: Agata è una donna dal cuore di pietra, oppure il figlio che non viene è abbastanza per separare una coppia come la loro? Lei ha forse peccato di presunzione sostenendo che il suo corpo funziona, dunque non ha bisogno di fare alcun esame? O quella risposta è una maschera che nasconde il dolore provato? Sta di fatto che niente funziona. Nemmeno il viaggio a Parigi con Zeno ha il potere di fargli spiccare il volo, prendere il coraggio a due mani e dire: lo so che ho deciso, so che dimenticarla e lasciarla andare è la decisione giusta, devo solo respirare, chiudere gli occhi e buttarli. Ma sono proprio quegli istanti prima del salto, prima del tuffo che sembrano eterni. E forse lo sono, finché il baricentro resta ben piantato a terra...
Nel dicembre del 1964 il musicista jazz John Coltrane incide A love supreme, una suite in quattro movimenti dedicati a Dio, un messaggio musicale rivolto direttamente all’anima delle persone. Uno di questi movimenti si intitola Resolution, quando cioè qualcosa di complicato e contorto si scioglie, si distende e si libera. Dovrebbe essere quindi il momento in cui il nostro pedagogista, che fino alla fine non avrà un nome proprio, comprende appieno la sua condizione, ne prende coscienza e atto e si muove per compiere quello che nella testa ha già deciso. Eppure ancora non succede, lo stallo sembra essere eterno. I brevissimi capitoli che compongono il romanzo dello scrittore milanese Andrea Di Martino sembrano proprio rappresentare questo loop mentale, questo vortice nel quale il protagonista è finito. Sono cortissimi momenti che però diventano quasi claustrofobici nella loro ridondanza. Ripetono quello che il protagonista ripete a se stesso in ogni singolo momento di ogni singolo giorno. Niente e nessuno sa come farlo uscire da questo posto buio dove si è rinchiuso. Forse davvero il destino di Luca - eccolo finalmente pronunciato il nome - e Agata è mosso da meccaniche celesti che, in un preciso momento cosmico, si sono bloccate. Occorrerebbe dunque tornare indietro, all’inizio degli inizi, persino a quel giardino dell’Eden dove tutto è iniziato con Eva e con Adamo. Come a dire: prima di essere Luca e Agata, eravamo due granelli di sabbia infinitamente piccoli che i nostri due antenati contemplavano nella battigia al cospetto di un Dio spettatore intento a ballare sulla musica di Coltrane.