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Lovecraft zero

Un tossicodipendente, ormai ridotto all’ombra dell’uomo che era, decide finalmente di raccontare gli eventi che gli hanno sconvolto la vita anni prima. Allora lavorava come soprintendente a bordo di un piroscafo, che venne però catturato in aperto oceano Pacifico da un incrociatore tedesco durante la Prima guerra mondiale. Riuscendo a eludere la sorveglianza dei crucchi, l’uomo si era calato in mare con una scialuppa carica di acqua potabile e provviste. Longitudine ignota, nessuna isola in vista, nessuna costa all’orizzonte: la scialuppa va alla deriva per giorni, sotto la luce di un sole feroce di giorno, sotto stelle crudeli e impassibili di notte, finché non si arena in una misteriosa e sconfinata macchia di fanghiglia galleggiante, una vastità morta di alghe, putridume scuro e carcasse di pesci. Il terreno è secco e permette di camminarci sopra, così il naufrago decide di esplorare quell’inquietante isola… Un uomo infelice e disperato vive i sogni come un’oasi nella quale rifugiarsi. Durante il sonno trova un po’ della bellezza che la vita gli ha negato: vaga per prati e boschi sconfinati, naviga su mari calmi, esplora corsi d’acqua sotterranei dai colori mai visti. Un sogno ricorrente lo vede passeggiare per una valle dorata che termina “con un imponente muro d’antichi rampicanti” nel quale si apre un piccolo cancello di bronzo. Chiuso. Notte dopo notte, l’uomo durante i suoi sogni cerca di capire come varcare quel cancello, che – ne è sicuro nel profondo dell’anima – lo condurrà a un reame fatato. Finché, durante un sogno in cui visita la città immaginaria di Zakarion, l’uomo si trova a consultare un antico manoscritto che parla proprio della valle dorata, del muro e del cancello e di una droga che, assunta prima di addormentarsi, permette di varcarlo… Giugno 1917. Il sottomarino U-29, al comando di Karl Heinrich Graf von Altberg-Ehrenstein, capitano di corvetta della Imperiale Marina Germanica, silura e affonda il mercantile britannico “Victory” in rotta da New York a Liverpool. Tra i relitti galleggianti viene rinvenuto il cadavere di un marinaio che in tasca ha “un bizzarro pezzo d’avorio, intagliato in modo da raffigurare la testa di un giovane coronato d’alloro”. La statuetta sin da subito pare di fattura squisita e il secondo di Graf von Altberg-Ehrenstein, il tenente Kienze, la vuole per sé. Mentre il cadavere viene ributtato in mare, pare aprire gli occhi e muoversi: è solo il primo di alcuni eventi spaventosi…

Howard P. Lovecraft, si sa, riuscì a pubblicare incredibilmente un unico libro (Innsmouth) nel 1936, a 46 anni, un anno soltanto prima di morire prematuramente. E lo pubblicò – per giunta – non per una major editoriale, ma per un piccolissimo editore peraltro legato allo scrittore da un’amicizia personale Eppure oggi la sua opera è oggetto di un vero e proprio culto (espressione che in alcuni casi va presa in senso letterale e non metaforico, si badi) e l’autore è considerato tra i giganti della Letteratura americana, non solo di genere. Per chi ancora non conoscesse il suo stile inconfondibile e il suo mondo segnaliamo questo volume Arkadia, un agile “greatest hits” dalla cover fascinosa che ripropone nove tra i più bei racconti di Lovecraft, quattro racconti firmati da alcuni fra i suoi epigoni/discepoli/amici più importanti (Robert W. Chambers, Frank Belknap Long, Clark Ashton Smith, Robert Bloch), un “assaggio” della spaventosa produzione epistolare di Lovecraft (19.000 lettere disponibili, chissà quante altre perdute) e un suo breve saggio sul Necronomicon, il più celebre (o meglio famigerato) degli pseudobiblia. La scelta di riproporre i classici di Lovecraft in una nuova traduzione, più “pop” e meno barocca, fedele e infedele al tempo stesso allo spirito originale, è ciò che rende questo volume una chicca anche per chi conosce a menadito l’opera del tenebroso e tormentato genio di Providence. Un nuovo ritmo, l’assenza di arcaicismi nel linguaggio, l’approccio politically uncorrect del lavoro di Massimo Spiga – pur essendo un po’ eretici – donano freschezza, energia, nuovi colori a racconti sublimi ma che hanno quasi un secolo e rischiano di sembrare a volte un po’ “polverosi”, soprattutto per i lettori più giovani.