
“Nessuno poteva essere meno adatto ad affrontare certi eventi spaventosi di quanto lo fossi io quindici anni fa”. Islanda, 1802. Nella piccola comunità della parrocchia di Rødesand la gente mormora. Le voci riguardano gli abitanti di Syvendeaa, la più remota e nascosta fattoria del villaggio, e si concentrano su due figure in particolare: Bjarni il pastore, sposato con Guðrun e padre di cinque figli, e Steinunn, donna forte e risoluta, ospite della fattoria con il marito Jon e i loro cinque figli. Si dice che i due trascorrano troppo tempo assieme e abbiano un legame più intenso di quello che sarebbe lecito avere. I pettegolezzi aumentano con la morte del marito di Steinunn, apparentemente caduto in mare dalla scogliera di Skor in circostanze sospette, e si amplificano con la morte di Guðrun, avvenuta in casa, sempre in circostanze da chiarire. Per la piccola comunità che conduce la propria esistenza secondo i dettami di Dio è troppo da sopportare: le autorità del villaggio forzano Steinunn e i suoi figli a trasferirsi nel villaggio d’origine di lei. Poco dopo un ulteriore fatto scuote la comunità: il corpo di un uomo viene restituito dal mare. Che si tratti del cadavere del povero Jon Torgrimsson, il marito di Steinunn, è indubbio. Ma se è vero quello che Bjarni ha raccontato, ossia che Jon è caduto dalla scogliera di Skor, come si spiega che il cadavere presenta una ferita profonda al petto e abbia tutte le ossa intatte? Bjarni e Steinunn vengono arrestati e condotti a processo, con l’accusa di aver architettato gli omicidi dei rispettivi coniugi…
“Quell’inverno - il peggiore che abbia vissuto - cadde più neve di quanta credevo il cielo ne potesse contenere […] Il ghiaccio pendeva perfino dai vertiginosi dirupi alle spalle della zona abitata, come un lacero sipario di morte”. L’uccello nero è un racconto cupo sia per ambiente naturale che per ambientazione storica, in cui aleggia costantemente il presentimento del destino nefasto, ed è proprio questa sensazione di suspense, unita ad una scrittura scorrevole, che invoglia il lettore a proseguire pagina dopo pagina. La voce narrante è quella del cappellano Eiulvur: è lui a metterci al corrente dei fatti, e lo fa attraverso uno scritto, che costituisce la sua espiazione per aver preso parte attiva nel processo contro Bjarni e Steinunn. Il sentimento di giustizia per la ricerca della verità e contemporaneamente il senso di colpa di Eiuviur, che permeano l’intero racconto, è in forte contrasto con l’indifferenza del giudice Scheving, che amministra la giustizia “in modo freddo e imparziale ma veloce, quasi frettoloso”. Se ne Il pastore d’Islanda, altro romanzo di Gunnar Gunnarsson (sempre edito da Iperborea) la natura implacabile, maestosa e terribile è al centro della narrazione, qui essa con la sua ruvidezza fa da contorno e specchio ai tormenti dell’animo umano. L’uccello nero è un romanzo noir appartenente alla letteratura islandese, pubblicato originariamente in danese nel 1929, capace di catapultarci in una comunità chiusa e pettegola fra i ghiacci dell’estremo nord “nella luce gelida della luna e delle stelle”. Una curiosità a proposito dell’autore: l’opera precedentemente menzionata, Il pastore d’Islanda, sembra aver ispirato Hemingway nella stesura del romanzo Il vecchio e il mare.