
Come fa Argus Filch - custode di Hogwarts - a diventare Argus Gazza? E il rospo Neville a chiamarsi Oscar? E se l’autrice di storia della magia Bathilda Bagshot è diventata in italiano Bathilda Bath, il docente di Pozioni Horace Slughorn diventa Horace Lumacorno, l’austera vicepreside Minerva McGonagall si trasforma in McGranitt e Neville Longbottom in Neville Paciock: non è opera della magia, ma di scelte o errori nella traduzione, che - va specificato - non è da addebitare solo al traduttore ma a tutta l’equipe di redattori e correttori di bozze che collabora al risultato finale. Harry Potter, l’immaginario creato da J. K. Rowling e l’impatto della saga sui lettori italiani: ce ne parla la traduttrice e redattrice Ilaria Katerinov nell’edizione ampliata e riveduta di questo saggio (pubblicato la prima volta nel 2007). Si tratta di una analisi puntuale e dettagliata delle difficoltà e degli errori nella traduzione italiana (e non solo), di una delle saghe letterarie più amate nel mondo. La Katerinov guida il lettore alla scoperta non soltanto dei fraintendimenti e delle difficoltà incontrate dalla Salani nel pubblicare i romanzi - di cui sta attualmente curando una riedizione riveduta e corretta - ma ci svela il significato e il profondo legame di Harry Potter con la lingua inglese, la sua cultura e la sua terra. Osserva giustamente: “Tradurre non significa soltanto operare un passaggio da una lingua all’altra, ma richiede di mediare tra due culture, due mondi, due strutture mentali”…
Molte scelte infelici nascono da un malinteso di fondo, l’aver considerato la saga del maghetto di Hogwarts una storia indirizzata ai bambini, quando nelle intenzioni dell’autrice - manifestatasi chiaramente man mano che i volumi venivano pubblicati - la saga non ha un target di età prestabilito, e certo non può essere compresa nei suoi significati più profondi da lettori intorno ai dieci anni. Il malinteso non ha interessato solo l’editoria italiana ma anche di altre nazioni, io stessa scopro con sorpresa i richiami della Rowling a Shakespeare, Jane Austen e alla mitologia classica, una serie infinita di rimandi in cui ogni nome è legato al carattere, alla personalità o costituisce un gioco di parole, meritandosi l’appellativo di ‘nomi parlanti’. Come un faro, la Katerinov illumina i romanzi della Rowling e ce ne restituisce il senso originario di espressioni, nomi propri, neologismi, buona parte dei quali sono stati corretti o ripristinati in versione originale nella riedizione della Salani del 2011. E così si scopre - per chi non è avvezzo al mondo potteriano - che la lotta delle nobili famiglie di maghi contro la contaminazione Babbana delle proprie genealogie, è nell’intenzione dell’autrice una metafora del razzismo nazista, e che i Mangiamorte che abbiamo imparato a conoscere quasi fossero i nostri odiati vicini usano verso i Mezzosangue la stessa logica dei nazisti. Un viaggio affascinante, estremamente prezioso per gli addetti ai lavori, ma assolutamente comprensibile e ricco di sorprese per il lettore tout court.
Molte scelte infelici nascono da un malinteso di fondo, l’aver considerato la saga del maghetto di Hogwarts una storia indirizzata ai bambini, quando nelle intenzioni dell’autrice - manifestatasi chiaramente man mano che i volumi venivano pubblicati - la saga non ha un target di età prestabilito, e certo non può essere compresa nei suoi significati più profondi da lettori intorno ai dieci anni. Il malinteso non ha interessato solo l’editoria italiana ma anche di altre nazioni, io stessa scopro con sorpresa i richiami della Rowling a Shakespeare, Jane Austen e alla mitologia classica, una serie infinita di rimandi in cui ogni nome è legato al carattere, alla personalità o costituisce un gioco di parole, meritandosi l’appellativo di ‘nomi parlanti’. Come un faro, la Katerinov illumina i romanzi della Rowling e ce ne restituisce il senso originario di espressioni, nomi propri, neologismi, buona parte dei quali sono stati corretti o ripristinati in versione originale nella riedizione della Salani del 2011. E così si scopre - per chi non è avvezzo al mondo potteriano - che la lotta delle nobili famiglie di maghi contro la contaminazione Babbana delle proprie genealogie, è nell’intenzione dell’autrice una metafora del razzismo nazista, e che i Mangiamorte che abbiamo imparato a conoscere quasi fossero i nostri odiati vicini usano verso i Mezzosangue la stessa logica dei nazisti. Un viaggio affascinante, estremamente prezioso per gli addetti ai lavori, ma assolutamente comprensibile e ricco di sorprese per il lettore tout court.