
In una villetta a due piani al margine di Strige, una piccola cittadina sulle colline senesi, in Val D’Orcia, una ragazzina viene strangolata e fatta quasi a pezzi, come fosse caduta tra le grinfie di una belva feroce. L’indagine tocca al commissario Giuliano Righi, un poliziotto di poche parole e molti pensieri che ha la mania degli Usa, soprattutto del periodo ’50-’60. Chi è il maniaco che ha spazzato via la pace di quel posto tranquillo? Colpirà ancora? A Roma intanto Antonio e Claudia, fratello e sorella con una storia familiare gonfia di dolore e di rimpianti e un presente di precarietà e di infelicità, fanno fatica ad arrivare a fine mese. Claudia lavora in un negozio e nel frattempo manda avanti una piccola rivista e una compagnia teatrale, Antonio fa il commesso in una libreria ma è tormentato dalle visioni e fa sempre più fatica ad alzarsi dal divano e uscire di casa. I soldi sono pochi, i pensieri tanti…
Tutto nasce da un quadro. Per la precisione da Lucifero di Franz Von Stuck, una suggestiva tela di fine ‘800 che rappresenta un Angelo caduto assolutamente umano, un signore quasi di mezza età nudo, pallido e un po’ stempiato assorto in cupi pensieri: l’unica concessione alla natura diabolica del soggetto è l’iride gialla degli occhi, porte di chissà quali abissi interiori. I medesimi di ognuno di noi? Pare pensarla così il giovane autore di questo romanzo che in copertina viene definito erroneamente noir ma che in realtà è un thriller-horror impeccabile e implacabile. Tra citazioni cinematografiche (la prima scena ricorda Scream, per esempio, ma le allusioni – consce o inconsce – sono molte), amare reminiscenze della vita da studente universitario fuori sede in una grande città e una profonda fascinazione per il macabro e l’occulto, Lampariello piega i cliché di genere, li forgia e li costringe a farsi funzionali al suo disegno narrativo, alle sue ossessioni. Il linguaggio è asciutto, senza orpelli e superfetazioni, il plot funziona (malgrado di certo non faccia dell’originalità il suo punto di forza) come un orologio e il villain, Mr. Somewhere, riesce a strappare più di un brivido al lettore.
Tutto nasce da un quadro. Per la precisione da Lucifero di Franz Von Stuck, una suggestiva tela di fine ‘800 che rappresenta un Angelo caduto assolutamente umano, un signore quasi di mezza età nudo, pallido e un po’ stempiato assorto in cupi pensieri: l’unica concessione alla natura diabolica del soggetto è l’iride gialla degli occhi, porte di chissà quali abissi interiori. I medesimi di ognuno di noi? Pare pensarla così il giovane autore di questo romanzo che in copertina viene definito erroneamente noir ma che in realtà è un thriller-horror impeccabile e implacabile. Tra citazioni cinematografiche (la prima scena ricorda Scream, per esempio, ma le allusioni – consce o inconsce – sono molte), amare reminiscenze della vita da studente universitario fuori sede in una grande città e una profonda fascinazione per il macabro e l’occulto, Lampariello piega i cliché di genere, li forgia e li costringe a farsi funzionali al suo disegno narrativo, alle sue ossessioni. Il linguaggio è asciutto, senza orpelli e superfetazioni, il plot funziona (malgrado di certo non faccia dell’originalità il suo punto di forza) come un orologio e il villain, Mr. Somewhere, riesce a strappare più di un brivido al lettore.