
New York, 1993. Lucy Adler ha diciassette anni e una sfrenata passione per il basket, sport che la entusiasma e che le permette di stare vicino a Percy, suo compagno di gioco, a volte avversario, per il quale ha una bella cotta. Adolescente con gli ormoni a mille, per lei il corpo è strumento di gioco ma anche di libidine: ogni scontro fisico che ha con Percy le scatena una sensazione sessuale (“Lui allunga una mano e mi sfiora il seno. Quel poco di seno che ho è premuto contro le costole da un reggipetto sportivo, quindi dubito che senta qualcosa che lo impressiona… Mi si sbatte contro talmente forte che già lo so, mi lascerà dei brividi dolorosi sulla pelle. Una bella sensazione…Gli si solleva la maglia e io riesco a dare una breve, eccitante occhiata alla sua peluria addominale color biondo scuro sudato. Mannaggia. Era meglio non guardare”). Ogni volta, dopo una partitella con chiunque ne abbia voglia, tornano alle rispettive case; per Lucy questa è l’occasione di guardarsi intorno, di osservare la New York vecchia e la sua popolazione. Il basket non solo è una grande passione e il modo per toccare Percy ma anche il metro che misura il tempo (“La scuola è sopportabile se la spezzo in frazioni di tempo: un’ora e mezza fino al basket, tre ore fino a Percy”). Giocare a basket però ed essere la migliore marcatrice dell’intera federazione, come lo è stato Percy a suo tempo, non la rende degna del rispetto di cui lui godeva, perché “Purtroppo però sono una femmina, e sono molto alta e non ho i capelli da pubblicità Pantène e non sono, per così dire, una petite fleur, e quindi tutti credono semplicemente che io sia lesbica… Il buffo è che se mi piacessero davvero le ragazze e lo ammettessi, probabilmente a scuola sarei accettata, perché allora rientrerei nella casellina giusta dove secondo gli altri dovrei stare”. Sarà la cugina Violet, attivista femminista, a farle aprire gli occhi sul valore e sul significato di essere donna…
Dana Czapnik (nota giornalista sportiva americana) esordisce in narrativa con questo notevole romanzo di formazione. Qual era il periodo storico in cui vivevano Lucy e gli altri personaggi? Si era frantumata l’Unione Sovietica e prima ancora tutti gli altri Paesi del Patto di Varsavia (e tutto aveva avuto inizio dal crollo del Muro di Berlino nel 1989 e con l’avvento di Gorbaĉëv e la perestrojka) avevano demolito il regime comunista; c’erano state le guerre jugoslave e la conseguente nascita di nuove repubbliche (1992). Gli Stati Uniti, nel gennaio 1991, avevano dato inizio alla Prima guerra del Golfo, nel 1993 c’era stato il massacro di Waco, sotto la presidenza Clinton e stava per cominciare un periodo di grandi opportunità: la New Economy avrebbe incrementato la produzione dei beni di base e il tasso di disoccupazione sarebbe sceso drasticamente al 5%. Ma soprattutto, nei primi anni Novanta, si verificò la Terza Ondata femminista, le cui caratteristiche Czapnik rilascia in larga parte del libro. Molte delle riflessioni che Lucy ci restituisce e che nascono in particolare dalle parole della cugina Violet si riferiscono alla condizione femminile. Lucy si rende conto che nonostante sia una grande giocatrice di basket e abbia raggiunto uno score altissimo a nessuno importa perché è una ragazza; così succede quando una donna prova a riuscire in un campo dominato dal maschio. Inoltre, non avendo un’apparenza “appetibile” (non si trucca e indossa sempre jeans e T-shirt) non suscita interesse nei ragazzi, i quali badano soprattutto all’aspetto esteriore, all’oggetto donna più che all’individuo donna (uno degli aspetti del femminismo dell’epoca è la lotta per consolidare l’idea che la donna abbia un valore che trascende la mera apparenza esteriore). Lucy si trova a proprio agio su un qualsiasi campo di basket ma fatica a trovare un posto che la faccia sentire a casa al di fuori (non è questa l’adolescenza? Trovare la propria identità intera). Il titolo del libro in lingua originale è The falconer e prende spunto da una delle più importanti riflessioni gender della ragazza: in un angolo di Central Park, posta su un insieme di rocce, si staglia la statua di un falconiere. Ogni volta la guarda ammirata per la bellezza del gesto, i dettagli corporei e pensa che non esistono statue che ritraggano donne intente in azioni che non siano fare “qualcosa di femminile…tipo oziare mezze nude accanto a una sorgente…oppure se ne stanno impalate con la faccia di pietra in nome della Giustizia o della Libertà”. Lo scrivere di Czapnik è molto d’impatto, il gergo azzecca quello degli adolescenti, efficacissime sono le riflessioni sulla vita o su qualsiasi altro argomento di valenza proposte improvvisamente mentre Lucy descrive i paesaggi della sua New York o parla di cose futili. Anche le descrizioni, che non sono mai fini a sé stesse, sono pezzi di grande bravura. Un libro da leggere, sicuramente.