
Al seguito della sanguinosa strage del 12 novembre 1969 in una banca di Piazza Fontana a Milano, in Italia inizia il difficile e oscuro periodo dello “stragismo”, che vede coinvolti servizi segreti deviati, uomini dello Stato, agenti stranieri non propriamente identificati e identificabili e gruppi estremisti italiani usati per lo più come pedine da poteri occulti e fortissimi. In questo clima si ritrova coinvolto nell’inverno del 1970 l’ex colonello dei servizi segreti Bruno Arcieri, ora sessantottenne e con una vita nuova di zecca inventatasi a Firenze con la sua nuova compagna e nuovi giovanissimi “amici” della Comune. Il passato, però, ritorna prepotente nella sua esistenza e lo costringe a supervisionare un gruppo improvvisato di cospiratori moderni e di agenti ancora in azione che sembrano voler sventare un nuovo terribile atto terroristico sul suolo italiano. Rinchiuso in una villa abbandonata del centro Italia con ex spie amiche e ex repubblichini della prima ora, malviventi redenti e due giovani e misteriosi hippy coinvolti apparentemente per caso, Bruno Arcieri si ritrova a far fronte a più di un enigma in un gioco di specchi dove nessuno è davvero chi dice di essere. Che scelta farà l’ex colonello e quanto il suo passato burrascoso e avventuroso peserà ancora sul suo presente?
Leonardo Gori ha studiato e si è preparato per confezionare un romanzo fitto di misteri e di “verità” sullo sfondo di uno dei periodi più oscuri dell’Italia del dopoguerra, quando tra rivoluzioni generazionali e vecchie glorie del Regime che ancora non sembrano rassegnarsi l’Italia è in balia di forze contrastanti e agenti stranieri che lavorano per imporre le proprie regole e le proprie volontà a una nazione che sembra più impaurita e frastornata che davvero consapevole. L’ultima scelta ha una idea di base convincente e una struttura narrativa che si basa quasi completamente sulla bella costruzione dei personaggi che ne fa l’autore, vero punto di forza dell’intero romanzo. Bravo anche Gori a lasciare la politica e lo stragismo in sé ai margini del racconto e a puntare, invece, su descrizioni ambientali accurate, soprattutto quando parla di oggetti ormai non più di uso comune come telefoni a disco e auto d’epoca che sortiscono sempre un certo fascino in chi legge. Unica pecca: lo stile. Leonardo Gori è un purista e scrive in maniera classica e essenziale con un linguaggio che non ha mai punte di attualità e di tendenza, ma la storia rimane molto bella e il romanzo si legge con piacere.