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L’ultimo Osama

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Un uomo procede a cavallo in uno scenario desertico. Giunto in cima a una collina, si ferma e guarda alla scena che si sta svolgendo un poco più in basso. Ci sono sette uomini, vestiti con abiti verdi lacerati che potrebbero sembrare delle uniformi, che circondano un giovane uomo con la barba nera e lucida. Il giovane lotta con tutte le sue forze e cerca di resistere, ma gli altri sono troppi. Lo accerchiano e hanno la meglio su di lui. Gli mettono un cappio al collo e legano l’altro capo della fune al ramo dell’unico albero presente nel raggio di molte miglia. Tutto sembra pronto per l’esecuzione, ma l’uomo a cavallo sembra avere dei piani differenti. Nel momento preciso in cui i sette tirano su la loro vittima e si apprestano a dare il via all’esecuzione, l’uomo a cavallo prende la sua pistola e spara. Il proiettile taglia la corda e il prigioniero cade a terra. Mentre i sette si guardano attorno, cercando di capire da dove possa essere provenuto il colpo, l’uomo a cavallo comincia a galoppare verso di loro. Lui è solo, loro sono sette e sembrano pronti a tutto pur di non lasciare la loro preda. Ma l’uomo a cavallo ha un vantaggio innegabile: lui ha una pistola, mentre loro sono disarmati. Basta un rapido scambio di sguardi, poche parole frammentate e un pacchetto con qualche avanzo di cibo che passa di mano, per concludere la trattativa. I sette se ne vanno, camminando in ordine sparso veso il sole che tramonta all’orizzonte, e lasciano la loro preda all’uomo a cavallo. Non si tratta di una preda qualsiasi. Si tratta di un Osama. L’uomo a cavallo sa che potrà riscuotere una bella taglia per quell’Osama, consegnandolo allo sceriffo della città più vicina. Ma sa anche che il suo compito non è esaurito, forse è destinato a non esaurirsi mai. Morto un Osama, subito ce ne sarà un altro a cui dare la caccia: “Uccidere l’uomo non è abbastanza. Un uomo è molto di più che carne cartilagini e ossa. La sua icona. Uccidi un uomo e migliaia di spore di fede e culto, migliaia di spore di idee irromperanno nel mondo”…

Con il suo romanzo Wanted, edito in Italia da Gargoyle con il titolo Osama e attualmente fuori catalogo, Lavie Tidhar si aggiudicò nel 2012 il World Fantasy Award for Best Novel battendo due mostri sacri del calibro di Stephen King e George R. R. Martin. Questo L’ultimo Osama è strettamente legato a Wanted, non solo per la presenza degli stessi personaggi ma per la comunanza di temi e atmosfere. Alla radice del profondo interesse di Tidhar nei confronti della figura di Osama bin Laden ci sono anche ragioni autobiografiche. Per una di quelle strane coincidenze che a volte fanno davvero pensare all’esistenza e agli influssi del destino, lo scrittore israeliano si trovava infatti a Dar es Salaam proprio nei giorni dell’attentato all’ambasciata USA in Tanzania. In seguito, Tidhar e la moglie sfuggirono per poco ai successivi attentati del Sinai nel 2004 e di Londra nel 2005. Da quelle esperienze Tidhar trasse ispirazione prima per un racconto, intitolato I miei viaggi con Al-Qaeda, e poi per il successivo Wanted. L’ultimo Osama rappresenta quindi una sorta di episodio conclusivo all’interno di questo arco narrativo dedicato alla figura di Osama bin Laden e alle sue ricadute politiche, sociali e culturali. L’idea di partenza del racconto è affascinante: la figura dello sceicco del terrore viene quasi a perdere la propria consistenza puramente fisica per diventare una sorta di meme, un’icona globale proteiforme che si intrufola in tutti gli ambiti di un universo immaginario partorito dalla fantasia pulp di un mediocre scrittore di romanzi di genere. I piani temporali e spaziali si mischiano e conflagrano tra di loro in una narrazione nella quale tutte le coordinate si perdono e Osama finisce per divenire un vero e proprio brand universale, tanto inafferrabile quanto pervasivo. Peccato solo che un simile spunto avrebbe meritato un trattamento di più ampio respiro: la trama del racconto è sfilacciata e anche la scrittura appare in più di un passo affrettata. Si ha come l’impressione di trovarsi di fronte, più che a un testo compiuto, ad una sorta di abbozzo, meritevole di un approfondito lavoro di rifinitura.