
Estate 1962. Sasha Privalov, giovane ingegnere informatico di Leningrado, è in viaggio da solo nel nord dell’URSS. L’automobile procede lentamente, sobbalzando sulla strada sterrata e sconnessa, che scricchiola sotto le ruote: ogni tanto un sasso colpisce il fondo, con un rumore sordo. Il sole è da poco tramontato, ma c’è ancora molta luce. All’improvviso dal bosco spuntano due tizi che si fermano sul ciglio della strada facendogli cenno di fermarsi. Forse sono giovani cacciatori, uno dei due ha un fucile – ma sono gentili e sorridenti. Chiedono a Sasha se può dar loro un passaggio fino a Solovets, una decina di chilometri più in là. Esattamente dove si sta recando lui, per ritrovarsi con un gruppo di amici che stanno viaggiando lungo la costa. Dopo qualche chiacchiera per rompere il ghiaccio, quando i due scoprono il mestiere di Sasha esultano: “Fenomenale! Programmatore! A noi serve proprio un programmatore. Ascolti, lasci il suo istituto e venga da noi!”. Lavorano in una istituzione scientifica statale dalle finalità non meglio specificate con sede proprio a Solovets, l’ISSTEMS. Hanno appena ricevuto un computer Aldan-3 e lo devono avviare e mettere a punto, a quanto dicono. Lui sembra perfetto: non ha nemmeno la spocchia tipica di chi fa il suo mestiere. Sacha declina gentilmente l’offerta, promette che ne parlerà con qualche collega scontento, non dà molto credito ai due autostoppisti di quella remota provincia e – giunti a Solovets – fa per salutarli, spiegando loro che passerà la notte in automobile. I due non vogliono sentire ragioni e lo conducono alla Cazalina, un edificio dell’ISSTEMS gestito da nonna Naina Kievna Gorinić, una quasi centenaria scorbutica e sospettosa che incredibilmente sembra sapere tutto di Sacha. Sasha tenta di smarcarsi e abbandonare quella strana compagnia, ma i tre non glielo permettono, insistono, lo convincono a passare la notte là…
Il mite programmatore venuto da Leningrado non lo sospetta ancora, ma scoprirà presto di essere stato arruolato nelle fila dell’ISSTEMS, ovvero Istituto di ricerca Scientifica e Tecnologica per la Magia e la Stregoneria e assisterà a eventi a dir poco incredibili, che metteranno in crisi la sua concezione della realtà e della struttura dello spazio/tempo. La trovata dell’ibridazione tra scienza e magia, tra tecnica e stregoneria – oltre che essere una geniale anticipazione di un intero filone della narrativa fantascientifica e fantasy contemporanea (siamo nel 1965) – serve qui ai fratelli Strugatskij per fare una parodia dell’esoterismo scientifico, dell’utilizzo violentemente elitario del linguaggio tecnico, del sapere. La cultura (scientifica e no), sembrano volerci dire gli scrittori sovietici con questo bizzarro divertissement letterario, non deve essere usata come uno strumento di potere, ma deve invece rimanere vicina al popolo e alle sue istanze. Un punto di vista quindi genuinamente socialista, a ben vedere. E non a caso gli Strugatskij mutuano una serie di simboli, riferimenti e personaggi proprio dal folklore e dalla tradizione arcaica russa, quella più popolare, più vera. La “casetta dalle zampe di gallina” che rimanda alla strega Baba Jaga, il gatto Vasilij che recita favole popolari, il Monte Calvo famigerato per i sabba. Numerosi anche i riferimenti a opere di Puškin, Gogol’, Tolstoj, Šolochov e a romanzi di fantascienza sovietica degli anni Cinquanta e dei primi anni Sessanta. Diviso in tre parti ognuna delle quali si svolge nell’arco di pochi giorni tra 1962 e 1963, Lunedì inizia sabato è una commedia fantascientifica ricca di trovate assolutamente geniali raccontate in tono scanzonato e ironico. Come scrive Eugene Kozlowski, “Non cessando mai di essere giocosi e divertenti, i racconti degli Strugatskij offrono un’avventura intellettuale che evoca sentimenti contrastanti di affetto, scetticismo o orrore e guidano il lettore verso una più profonda contemplazione delle meraviglie della vita e dell’arte”. Questa edizione Ronzani – la prima italiana a più di cinquant’anni di distanza dalla pubblicazione del romanzo! – è impreziosita dalle graziose illustrazioni di Antonio “Oak” Carrara.