
16 novembre 2000. Mary riceve una lunga e-mail da un tizio che dice di chiamarsi Will Allen. Nonostante Mary abbia cancellato già il proprio profilo, Will risponde ad un annuncio pubblicato precedentemente da Mary su un sito d’incontri rimasto online per ragioni di calcolo pubblicitario, dunque tuttora visibile al mondo. Nell’annuncio Mary parla di pensiero positivo e responsabilità personale, di prendere in mano il proprio destino guardando al futuro anziché pensare al passato. Will dice di condividere la sua opinione e che ultimamente pensa sempre più spesso all’idea di legarsi. Desidera una relazione a lungo termine e lo stesso desidera anche Mary. Alle e-mail seguono le telefonate, a partire dalla quali prendono piede gli incontri fino ad arrivare a vedersi più o meno un giorno sì e uno no. Poco prima di Natale le cose paiono sul punto di migliorare ulteriormente. Will la invita ad un evento a Londra, un viaggio che però alla fine va a monte. Lui non si presenta nel luogo e all’orario stabiliti. Una “cosa di lavoro” è la scusa. Will si mostra dispiaciuto, soprattutto perché a Londra avrebbe voluto fare una cosa in particolare: chiedere a Mary di sposarlo. Lei decide di doverci pensare. Sa che non hanno ancora avuto abbastanza tempo per conoscersi. Infatti, nonostante sia rassicurata dalle convinzioni di Will in tema di infedeltà, la sua puntualità e l’affidabilità lasciano parecchio a desiderare. Continua ad essere affettuoso con lei ma sembra sempre dedito solo e soltanto al lavoro, tanto da non riuscire a ricordarsi gli impegni della vita privata, e la cosa non fa che insospettirla...
Spesso alla scoperta di essere stati ingannati da una persona che si ama e di cui ci si fida segue un sentimento di profonda vergogna per la propria “cecità”, ma sebbene fidarsi del partner sia una cosa del tutto naturale Mary Turner Thomson ne L’uomo che amo racconta la delusione nei confronti di se stessi e della persona amata che nasce dall’essere ingannati, raggirati, truffati. La relazione attorno cui ruota la vicenda, quella tra Mary e Will, è costellata da frequentissimi appuntamenti mancati con scuse molto poco credibili da parte dell’uomo, un continuo oscillare tra manifestazioni d’affetto e delusioni, inaffidabilità e desiderio, una relazione traballante (per utilizzare un eufemismo) sotto le cui bugie la protagonista è sepolta, assuefatta dall’amore e dalle attenzioni che ad una mamma single di trentacinque anni possono servire per ricordare di essere ancora una donna desiderata e desiderabile. L’impressione che si ha di Will Jordan è proprio quella del perfetto truffatore: modi pacati, all’apparenza appassionato, umile, innamorato, nonché intelligente, leale e devoto e l’autrice attraverso la descrizione di tale figura riesce a trasmettere proprio la facilità con cui si può incappare in un raggiro del genere. La Thomson d’altronde altro non fa se non limitarsi a ripercorre la storia vera del falso - a sua insaputa - matrimonio che l’ha vista coinvolta in prima persona, senza ricorrere neppure a pseudonimi, né per se stessa né per Will Jordan, proprio nel tentativo di sdoganare l’idea che le vittime di un crimine non dovrebbero mai vergognarsi o sentirsi umiliate, ma anzi essere fiere di aver avuto la forza di reagire e sopravvivere.