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L’uomo che morì due volte

L’uomo che morì due volte

Ron, Ibrahim, Joyce ed Elizabeth - due donne e due uomini tutti intorno alla settantina - si trovano per la seconda volta in vita loro ad indagare su un caso complesso (durante la loro prima indagine sono stati battezzati il “Club dei delitti del giovedì”), ma lo fanno con somma felicità perché li distrae dalla monotonia della terza età. L’ex marito di Elizabeth, Douglas, la convoca presso il suo appartamento (dopo che i due non si vedono da vent’anni): le svela di essere nei guai, in quanto ha trafugato diamanti per un valore di venti miliardi di dollari dalla villa di un ricchissimo criminale, nelle mire dei Servizi Segreti. È perciò sotto controllo da parte di questi ultimi, e sotto attacco diretto e violento da parte dei mafiosi di Lomax (questo il nome del derubato). Dopo un primo attacco degli sgherri di Lomax, andato a vuoto grazie al provvido intervento di una giovanissima guardia del corpo che Douglas ha assoldato per proteggersi, Elizabeth una sera viene convocata di nuovo da Douglas ma stavolta in un posto diverso, una sorta di bunker segreto dove i Servizi hanno ospitato lui e la sua bodyguard: ma giunta precipitosamente lì, giacché l’ex marito doveva “mostrargli urgentemente qualcosa”, vi trova il corpo di Douglas e quello della sua guardia del corpo, crivellati di pallottole. Come lei stessa spiega al resto del Club dei delitti del giovedì, però, Elizabeth non è proprio sicura che quello che ha visto fosse davvero il cadavere di Douglas… e soprattutto, che fine hanno fatto nel frattempo i ricercatissimi diamanti?

Se si è dotati di un po’ di pazienza che consenta di superare la lentezza e soprattutto l’atipicità delle prime 50/70 pagine, che - pur pulsanti di una vitalità che permea di sé tutto il romanzo - potrebbero sviare i lettori di gialli “duri e puri” per la scarsa rapidità nell’entrare “nel vivo” del plot, tale tolleranza sarà ampiamente ripagata nel prosieguo: la dote principale di quest’opera, infatti, è quella di riuscire a non difettare in suspence ed intrighi, pur non rinunciando affatto a caricare i personaggi di umanità , attraverso la decisa e marcata caratterizzazione dei personaggi. Le caratteristiche di costoro si completano a vicenda e, forse proprio per questo, il “Club dei delitti del giovedì” è così forte, se considerato nel complesso, nonostante gli ovvi e palesi difetti che ciascuno dei suoi componenti si porta appresso ed anzi ha incentivato con l’età. Nella loro interazione costante i quattro protagonisti cementano ulteriormente un’amicizia davvero senza età, che in qualche modo ricorda quella dei vecchietti di Malvaldi protagonisti del ciclo dei delitti del Bar Lume, tanto che già da tempo si parla di un film tratto dai consigliatissimi lavori di Osman.