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“Entrare nella loro vita era impossibile come penetrare nell’enorme specchiera dell’atrio e divenir partecipe delle scene di splendore che spesso vi si riflettevano… Qualunque cosa facesse, tra lei e i Clayton c’era sempre una barriera lucente e gelida…”. L’uomo di Philadelphia è un’appassionante saga famigliare che si dipana nell’arco di un secolo nell’omonima città, attraversando con essa la Storia e i cambiamenti intercorsi. L’orgoglio e l’aspirazione all’ascesa sociale, fortemente bramata, sono il tratto caratteristico delle donne O’Donnell: Margaret, fiera e ostinata, Mary superba e intraprendente, Kate autonoma e tenace. Anthony, unico maschio della famiglia – e principale figura del romanzo – riservato e capace, si ritroverà a crescere con il pesante fardello delle donne O’Donnell, fino a giungere là dove la sua trisavola aveva desiderato arrivare, grazie alla discrezione e alla spregiudicatezza che saprà dimostrare alla società della Philadelphia che conta, rendendosi agli occhi di tutti cittadino affidabile e degno di fiducia. Richard Powell, una notevole riscoperta nel panorama letterario, ci regala un romanzo formidabile, dall’umorismo sottile (“Non che il giovane signor Clayton avesse un figlio e neppure una moglie, ma i Clayton erano famosi per guardare avanti. O forse indietro. Margaret non ne era del tutto sicura”), sulla caparbietà di raggiungere l’affermazione sociale e i compromessi che si è disposti ad accettare. Il merito va anche al traduttore, Soderini, che ha saputo cogliere la penna e lo stile dello scrittore, trasportandolo in una lettura che nelle sue cinquecento – e oltre! – pagine non smette mai di essere piacevole. “Si chiamava Anthony Judson Lawrence e aveva quarantadue anni. Era sceso nel suo studio per prendere una decisione… C’erano novantanove anni di precedenti da studiare, dal 1857 al 1956”.