
Alessandro, circa vent’anni, è studente universitario alla fine del primo anno di Giurisprudenza all’Università di Foggia, con una grande passione parallela però per l’informatica. Solitario, introverso ma con una sua cerchia di amici fidati e una nascente storia d’amore per una collega di corso, Roberta. In una vita tranquilla e tutto sommato spensierata come tante di ragazzi della sua età, irrompe improvvisamente per Alessandro l’ossessiva voglia di risolvere un mistero, la cui presenza gli è stata rivelata da un sogno: cosa nasconde la porticina seminascosta nei meandri della Facoltà che gli è apparsa appunto come allucinazione onirica e che è invece ha scoperto esistere, tale e quale, nella realtà? Ad accrescere la tensione, la paura e nel contempo la voglia di risolvere l’enigma, continue “anime” fantasmatiche iniziano a comparire di punto in bianco al suo cospetto nei momenti più improbabili: anime prevalentemente di persone in abito talare, che gli comunicano un ansioso desiderio di venire “salvate” da lui….
Nell’analisi di questo breve romanzo, volendo partire dai pochi lati positivi, possono citarsi l’idea di fondo non del tutto scontata (anche se ricorda molto atmosfere à la Angeli e demoni) e lo stile, conciso ed essenziale ma piuttosto vivace, anche se molto di più si sarebbe dovuto lavorare in sede di correzione di bozze. Purtroppo però vengono inseriti davvero troppi elementi nel racconto, elementi non soltanto spesso difficili da amalgamare tra loro ma quel che è peggio non adeguatamente sviluppati in una trama che non ha ampio respiro. Inoltre la parte finale, che qui non si può spoilerare, anche se da un lato può definirsi originale dall’altro risulta sconfortante per chi ha seguito sin lì con attenzione lo snodarsi degli eventi, poiché viene introdotto un punto di vista radicalmente nuovo capace sì di mutare del tutto la prospettiva, lasciando però nel contempo sul tavolo molti, troppi interrogativi irrisolti. Su tutti direi però che il principale difetto dell’opera, quello che la condanna, è il non aver saputo dosare le atmosfere. Fatta eccezione per il finale, in cui lo stile, teso e asciutto, riesce a dare ulteriore drammaticità alle già tragiche vicende raccontate, per almeno tre quarti del libro il tono è troppo cronachistico, quasi elencativo: non c’è una prosa capace di emozionare al livello richiesto dagli eventi descritti. Anche la parte esoterica, in linea astratta interessante ed intrigante, è sviluppata in modo superficiale e resta in pratica solo accennata, unicamente nella parte centrale, in modo che alla resa dei conti appare quasi ingannevole per il lettore.