
Maria Elena è ormai una donna. Dopo aver sposato Stefano ed essere diventata madre della piccola Sofia si è allontanata dalla sua terra natia. Quando va in giro spesso non porta con sé il cellulare. Odia sentirlo squillare perché quel trillo ha il potere di rievocare una vita dalla quale, adesso, spera di essersi affrancata. Eppure neanche un mare in mezzo e migliaia di chilometri sono sufficienti a recidere il cordone ombelicale che la lega alla propria madre. Perché è proprio da lei che Maria Elena è fuggita, cercando di cancellare il ricordo di un rapporto malato basato da sempre sul ricatto emotivo. Così, quando Maria Elena riceve una email da Ettore, il suo unico amico d’infanzia, non esita: prende il primo volo e ritorna in Sicilia per sedere al capezzale di sua Madre Medusa. Ettore, con il quale Maria Elena non si sentiva più da tanti anni, è diventato medico e l’ha informata che sua madre è stata ricoverata nel reparto di salute mentale dove lui presta servizio. Il ritorno a casa è più doloroso del previsto, perché è difficile chiudere in un cassetto il proprio passato. Maria Elena allora, su consiglio di Ettore, inizia a scrivere per elaborare questa sofferenza, ripercorrendo passo dopo passo la sua infanzia e l’adolescenza. I ricordi riaffiorano e cominciano a prendere ordine: i continui rimproveri, l’egocentrismo patologico di sua madre, le umiliazioni subite e soprattutto la morte di suo fratello Antonio a pochi giorni dalla nascita. La scrittura, allora, non solo diventa catartica: parole e inchiostro, sulla carta, come i tasselli di un puzzle, ricompongono la verità. Grazie alla rilettura del passato, Maria Elena trova la lucidità per interpretare il presente e scopre infine il segreto che, da sempre, questa madre gorgone ha tenuto nascosto...
La voce narrante di questo memoir scritto sotto forma di una lunga lettera è quella della protagonista. I capitoli si alternano su due piani temporali: quello che vede la protagonista già adulta e quello del suo passato, che viene ripercorso attraverso un uso sapiente del flashback. I personaggi, protagonista compresa, sono tutti ben lontani da stereotipi regionali. La Sicilia, grande teatro di opere letterarie, non è solo il palcoscenico della vicenda, ma un vero e proprio personaggio che rivela un legame complesso e contraddittorio con la protagonista fatto per metà di nostalgia e per metà di volontà di distacco. Una terra quindi che è madre anch’essa, ma allo stesso tempo in grado di pietrificare trasformandosi in Medusa. La voce emerge netta con vigore verbale, la scelta linguistica è accurata. Nonostante lo stile introspettivo, il ritmo risulta incalzante, specie nel finale. L’epilogo infatti assume alcune sfumature del thriller psicologico che ricordano, pur se vagamente, quello di Daphne du Maurier. Maria Laura Caroniti, dopo aver esordito con Generazione Bataclan, anch’esso edito da Mursia, e successive pubblicazioni, non solo riconferma il tratto di una penna netta ed elegante, ma rilancia: Madre Medusa è infatti l’opera vincitrice del Premio Città di Como (edizione 2020), sezione autobiografia.