
Basta sdraiarsi sul pavimento e la visione prospettica di un ambiente tanto familiare quanto il salotto di casa è totalmente stravolta. Eppure, starsene sul pavimento risulta molto appagante; l’aiuta a sopportare non tanto la calura dei primi giorni estivi, quanto il pensiero di lui. Non sa ancora quanto resterà in quella posizione, forse fino a quando ne avrà bisogno. Perché lui le piaceva, davvero. In quel bar dove si erano incontrati con altri amici, lui si è subito mostrato nella sua normalità versandole da bere con gesto sicuro e premuroso. La frase d’esordio l’ha subito incuriosita e stuzzicata: “Piacere, Enrico. Chissà se dopo stasera le nostre vite si incroceranno ancora”. La loro storia d’amore è nata con delicatezza ed entrambi si sono inoltrati in questa nuova situazione amorosa seguendo i termini di un implicito patto fatto di rispetto dei tempi e delle vite altrui. Vivono i dolci e ancora incerti momenti di una storia in boccio, ma quegli attimi fatti di passeggiate, effusioni, passione, chiacchierate hanno messo in moto un sentimento profondo, Sofia ne è sicura. In un momento di svago fanciullesco, coperti da lenzuola bianche, hanno pronunciato “quelle due parole corte e potenti. Le parole che sostengono il mondo”. Una sera, Sofia decide di cenare a casa dei suoi: manca da tempo e sua madre non si lascia certo sfuggire un’occasione ghiotta come questa per ricordarglielo. Suo padre tarda ad arrivare, ma Sofia propone di iniziare comunque a mangiare; sua madre acconsente malvolentieri e difatti diventa sempre più irrequieta e nervosa per il ritardo del marito. Finalmente, la serratura della porta di casa scatta e l’ospite ritardatario fa il suo rassicurante ingresso. L’equilibrio del focolare domestico è così ripristinato. Ma per Sofia, quest’equilibrio non è altri che la classica quiete prima della tempesta…
Virginia Ribaric mette in scena un breve e agile romanzo di formazione che prende le mosse da una storia d’amore intensa, seppur agli albori. Con la sua scrittura curata, ricca e mai banale, l’autrice riesce a portare il lettore nei meandri della mente della protagonista, Sofia, che si racconta attraverso un lungo monologo (che talvolta assume le sembianze di un dialogo con un muto interlocutore) pieno di sentimento e attraverso il quale si confida, si pone domande e attraverso il quale cerca di trovare un senso al susseguirsi di eventi che hanno radicalmente cambiato la sua esistenza. Nel romanzo, le riflessioni sulle grandi tematiche della vita – amore, morte, nascita, amicizia, famiglia – non sono un mero esercizio di speculazione filosofica, ma nascono dallo scontrarsi dell’esistenza umana con le vicissitudini di cui, volenti o nolenti, siamo spesso protagonisti. La scrittrice, molto abile nel gestire il punto di svolta narrativo lasciando il lettore smarrito e col fiato mozzato al pari della protagonista, tratteggia una storia dai toni profondamente intimisti, tant’è che può emergere nella lettura un vago senso di colpa, lo stesso che ci pervade quando leggiamo furtivamente le pagine di un diario personale. Eppure, è proprio vivisezionando l’esperienza umana che è possibile assurgere all’universalità della narrazione. In Mai meglio di così, la fine di una storia d’amore costituisce la dolorosa e imprevedibile premessa alla nascita di una nuova famiglia, di nuovi legami affettivi e di una nuova vita, più matura e non priva di cicatrici.