Salta al contenuto principale

Manuale di disobbedienza digitale

Manuale di disobbedienza digitale

Sanno tutto di noi, prevedono i nostri comportamenti, sfruttano economicamente le nostre emozioni; noi di loro non conosciamo nulla, eppure aderiamo alle regole che ci impongono nei contratti. Affidiamo a tali sconosciuti i nostri dati sensibili, il dolore per un lutto o l’entusiasmo dopo un viaggio, sono i confidenti dei nostri desideri e conoscono al centesimo ogni transazione finanziaria che firmiamo. Il rapporto fra noi e le aziende tecnologiche è molto più insidioso di quel che crediamo: dietro ogni innocuo messaggio che postiamo sui social network o nelle chat con gli amici c’è una miniera di dati che valgono cifre folli: relazioni personali, desideri commerciali, persino indizi sul futuro. Senza spirito critico, senza la giusta dose (la massima dose) di diffidenza e senza una sconfinata difesa della privacy, rischiamo di perderci. Il primo passo è conoscerli, questi fantomatici techno-guru. Zuckerberg con la sua triade Facebook-Instagram-Whatsapp, Jeff Bezos di Amazon, gli eredi tecnologici di Steve Jobs e quei geniali nerd che hanno creato Google: sono tutti americani, californiani per lo più, e hanno qualcosa in comune. Lo spettacolare festival Burning Man, per esempio: un gigantesco rito collettivo che ogni anno si svolge nel deserto di Nevada e che richiama i creativi della Silicon Valley. L’altro tratto distintivo dei suddetti techno-entusiasti è la sconfinata convinzione che tutto, ma proprio tutto, sia possibile grazie alla tecnologia della condivisione social. Arricchirsi, conoscere, controllare, gestire rapporti con i protagonisti mondiali della finanza e persino della politica…

Ci sarà una via di mezzo fra la cessione totale della nostra personalità ai social network e l’istinto di sospendere ogni account e cancellare tutte le foto, i pensieri, le invettive e le dichiarazioni d’affetto postate qua e là sul web? Sì, esiste, ma non è semplice. Negli Stati Uniti, negli ultimi anni, si sono sollevate voci di denuncia e sono trapelati report che hanno tentato di svelare queste dinamiche. Il Manuale di disobbedienza digitale non è un rapporto di fatti e dettagli che, talvolta, hanno il rischio di farci sembrare estranei o lontani da ciò che accade, ma ci mette in guardia, accompagnandoci in un percorso di conoscenza, sui comportamenti della nostra digital life, su come viviamo gli spazi digitali giorno dopo giorno. E lo fa anche con alcuni racconti, brevi e simbolici; storie in cui è praticamente impossibile non immedesimarsi. Non solo: con un utile e irriverente ennalogo, l’autore suggerisce un centinaio di consigli per attuare semplici tecniche di sabotaggio dell’algoritmo che ci scheda e profila. Mettere like a caso e hashtag indecifrabili o geolocalizzare un tramonto in luoghi dove non siamo mai stati; per i più tenaci, viaggiare in treno con gli occhi su un libro o al finestrino, attuare una settimana di digiuno da smartphone. Da umili adepti di Confucio: se non possiamo convincerli, confondiamoli.

LEGGI L’INTERVISTA A NICOLA ZAMPERINI