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Manuzzelle

Manuzzelle

La navata della chiesa è stretta e piccola. Ghirlande di rose addobbano le travi e i vasi accanto al presbiterio. Ada si sposa ed è la madre ad accompagnarla all’altare, perché suo padre è venuto a mancare. Piera si avvinghia alla mano destra della figlia quasi non volesse lasciarla andare e stringe con intensità. Alfredo, il suo promesso sposo, aspetta dritto sulla schiena, mentre un sorriso misto a sgomento è posato sulle sue labbra insicure. La prima volta che lui e Ada si sono baciati la ragazza è scoppiata a ridere, ma lui non se l’è presa. Ora, mentre avanza per raggiungerlo, Ada pensa che, se lo amasse anche solo un pochino, quello potrebbe essere un momento perfetto. In realtà il desiderio di Ada è sempre stato quello di andarsene lontano da lì. Come e con chi non faceva la differenza. Ecco perché quando, dopo quel bacio, Alfredo le ha chiesto di sposarlo, Ada non ha esitato un attimo e gli ha risposto acconsentendo. Elda, intanto, la scruta con occhi pieni, mentre consegna le fedi nuziali a Don Carmine. Elda è la sua migliore amica da sempre. Insieme hanno affrontato quell’atroce esperienza che è un segreto tra le due e un macigno pesantissimo. Insieme hanno deciso di sposarsi: una con Alfredo, l’altra con Gesù Cristo. Elda, infatti, sta per entrare nel monastero della Madonna della Catena. E anche ora, mentre don Carmine pronuncia le frasi di rito della funzione, Ada non sente le sue parole, ma la voce muta di Elda che sta continuando a guardarla, quasi interrogandola. Il pranzo che segue la cerimonia è lungo e abbondante. Ada ed Elda ballano e sembrano sorelle, mentre Piera fa indigestione di confetti alla crema di mandorle e le cuginette di Ada vanno in cerca di lombrichi da catturare e si sporcano i loro vestitini da cerimonia. Al calar del sole gli invitati cominciano a congedarsi ed Elda rivela all’amica che si recherà al monastero la mattina successiva, all’alba. Ada è l’unica a conoscere la sua decisione. Le due si incontreranno più tardi, verso le undici, alla fontana della Venere Ciprea, per salutarsi...

È un esordio, ma non sembra affatto tale. Ambientato nella Sicilia del dopoguerra, terra dai colori forti intenta a leccarsi le ferite procurate da un aspro conflitto e popolo desideroso di affrancarsi dagli stenti e dal dolore, il primo romanzo di Gaia Amaral - nota attrice nata a San Paolo del Brasile da madre italiana e padre brasiliano - è un racconto potente, in cui quel che viene taciuto ha la stessa potenza di quanto viene esplicitato e i silenzi sono importanti tanto quanto le parole. Elda e Ada sono amiche fin da bambine e il loro legame è cementato anche dal terribile segreto che ha sconvolto la loro infanzia. Quando crescono le loro strade inevitabilmente si dividono, ma, quando Elda sembra vivere una situazione di pericolo, l’amica non esita un istante a mettersi sulle sue tracce e a cercare di dipanare un mistero intricato quanto la tela di un ragno, con il rischio di finirne fagocitata. Un monastero che nasconde qualcosa di inquietante, una morte violenta e uno strano libro rosso, singolare simbolo che si affaccia con regolarità nella vicenda, sono gli elementi che la Amaral dispone con sapienza lungo l’intreccio della storia, conferendo all’intero racconto un senso di inquietudine claustrofobica che, diversamente da quanto si potrebbe pensare, incatena il lettore e ne stimola la curiosità. Sono donne coraggiose le protagoniste di questo romanzo in cui realtà e occulto viaggiano su due strade che procedono affiancate e spesso finiscono per diventare una soltanto. Sono donne ferite e abusate, oltraggiate e sottomesse che tuttavia non si piegano ma tengono la testa alta e combattono per riappropriarsi del loro ruolo. Oltre trecento pagine ad alto tasso adrenalinico, in cui da un lato si respira angoscia e dall’altro si avverte l’esigenza di scoprire i misteri che si celano tra le mura del Monastero della Madonna della Catena, simbolo di un tempo storico e di una realtà che vede la donna come una figura mansueta, ubbidiente e muta. Con una scrittura al contempo tesa e delicata, che si serve di un linguaggio ricercato nel quale degne di nota sono le frequenti incursioni nel dialetto siculo, la Amaral fa centro e regala un romanzo particolare, denso di mistero e davvero interessante.