
L’anno chiave è il 1989. La caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda. In Cina, è in atto la sanguinosa repressione in piazza Tiananmen. Il popolo chiede democrazia. Ma cosa vuole veramente la gente che protesta per le strade? È ciò che si chiede Deng Xiaoping, a capo del regime comunista di Pechino. All'indomani della rivolta, il leader cinese si rende conto che è necessaria una svolta verso la liberalizzazione ed il benessere occidentale. Perché è questo ciò che intende il popolo per democrazia. È in quel momento che comincia la clamorosa virata del più popolato Stato al mondo verso il capitalismo. Vengono create le prime zone economiche speciali. A Shenzen affluiscono in forze le imprese occidentali. Intuiscono che il margine di profitto è alto, dato che la forza lavoro è praticamente infinita e si può sfruttare a costi bassissimi. Lo sviluppo del paese accelera a ritmi vertiginosi e progressivamente, con il passare degli anni, il modello cinese diventa un esempio virtuoso di produttività, in cui anche le ripetute crisi finanziarie, tipiche del sistema neoliberista, non riescono ad attecchire. Il segreto risiede in una molteplicità di fattori. Dalle radici culturali della filosofia di Confucio interiorizzata dalla maggioranza della popolazione, che predica il bene della comunità come uno dei valori più alti, alla struttura politica del paese, che propone una forma statale a partito unico ma con diversi spazi di partecipazione dal basso e di accesso alle cariche più importanti dell’amministrazione pubblica secondo criteri meritocratici. Ma, soprattutto, il successo cinese risiede proprio nell’aver applicato sul campo la dottrina economica marxista, creando un sistema altamente flessibile che nell’attuale mondo globalizzato sembra essere la ricetta vincente. Il saggio parte dall’analisi del modello di sviluppo cinese per raccontare l’altra faccia della medaglia: lo sgretolamento sempre più preoccupante del sistema economico – e politico - occidentale, affidato ormai esclusivamente ai dettami del “verbo” neoliberista. Presenta infatti un continuo parallelo tra l’evolversi dell’economia cinese e il declino di quella occidentale, descrivendo con impressionante efficacia alcuni dei casi più significativi, dal recente crack finanziario della Lehman Brothers, a quello dell’intera Islanda. Vengono forniti inoltre gli elementi fondamentali per interpretare con maggiore chiarezza l’involuzione della nostra democrazia, dalla concentrazione dei mezzi di comunicazione nelle mani di pochi, all’acuirsi sempre più netto del divario, in termini di ricchezza, tra le élites al potere e il resto della popolazione..
Loretta Napoleoni, economista nota ormai anche al grande pubblico grazie alla sua intensa attività di divulgazione che passa attraverso le maggiori testate italiane ed internazionali, ha realizzato con questo Maonomics un’opera che ha provocato forti reazioni sin dal suo primo giorno di uscita nelle librerie. Forse perché in essa si attua un continuo rovesciamento della prospettiva e vengono messe in discussione una moltitudine di convinzioni radicate nel nostro pensiero di cittadini occidentali. Già uno degli assunti da cui prende le mosse il libro, e cioè che in Cina si sta verificando una miscela perfetta tra capitalismo e comunismo – che l’autrice denomina capicomunismo – può apparire come una contraddizione in termini. Ma il pregio di questo volume risiede proprio nella sua capacità di offrire un’analisi senza pregiudizi o stereotipi, fornendo una quantità di informazioni dettagliate sulla storia, la forma politica, la cultura da cui ha preso le mosse un modello economico che, in questo momento storico, sembra veramente incontrare uno sviluppo senza precedenti. E in un continuo gioco di specchi con il nostro acciaccato sistema economico neoliberista, rivela senza alcuna pietà perché siamo ormai preda di devastanti e ripetute crisi finanziarie che minano alla base anche il nostro vivere quotidiano. Maonomics ha il pregio quindi di offrire uno stimolo forte al dibattito e alla discussione su alcuni dei concetti chiave della nostra epoca. Ci fa interrogare su cosa significhino veramente le parole sviluppo e benessere, su cosa può voler dire, per i diritti delle persone, un processo di modernizzazione di un Paese grande come la Cina. E ci fa chiedere, soprattutto, se la nostra forma di democrazia oggi, in assenza di regole certe, in cui la finanza la fa da padrone sulla politica, non debba rimettersi una volta per tutte in discussione.
Loretta Napoleoni, economista nota ormai anche al grande pubblico grazie alla sua intensa attività di divulgazione che passa attraverso le maggiori testate italiane ed internazionali, ha realizzato con questo Maonomics un’opera che ha provocato forti reazioni sin dal suo primo giorno di uscita nelle librerie. Forse perché in essa si attua un continuo rovesciamento della prospettiva e vengono messe in discussione una moltitudine di convinzioni radicate nel nostro pensiero di cittadini occidentali. Già uno degli assunti da cui prende le mosse il libro, e cioè che in Cina si sta verificando una miscela perfetta tra capitalismo e comunismo – che l’autrice denomina capicomunismo – può apparire come una contraddizione in termini. Ma il pregio di questo volume risiede proprio nella sua capacità di offrire un’analisi senza pregiudizi o stereotipi, fornendo una quantità di informazioni dettagliate sulla storia, la forma politica, la cultura da cui ha preso le mosse un modello economico che, in questo momento storico, sembra veramente incontrare uno sviluppo senza precedenti. E in un continuo gioco di specchi con il nostro acciaccato sistema economico neoliberista, rivela senza alcuna pietà perché siamo ormai preda di devastanti e ripetute crisi finanziarie che minano alla base anche il nostro vivere quotidiano. Maonomics ha il pregio quindi di offrire uno stimolo forte al dibattito e alla discussione su alcuni dei concetti chiave della nostra epoca. Ci fa interrogare su cosa significhino veramente le parole sviluppo e benessere, su cosa può voler dire, per i diritti delle persone, un processo di modernizzazione di un Paese grande come la Cina. E ci fa chiedere, soprattutto, se la nostra forma di democrazia oggi, in assenza di regole certe, in cui la finanza la fa da padrone sulla politica, non debba rimettersi una volta per tutte in discussione.