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Mare

Mare

1814, Inghilterra. Nives corre nella tempesta di neve, sta cercando di sfuggire ai suoi inseguitori. Silenzio, nessuna figura umana intorno. Ha perso l’orientamento, non sa più da che parte andare, piange. Tra i grossi fiocchi di neve intravede la sagoma di una costruzione. Avanza lentamente verso quel possibile rifugio, è una piccola chiesa, semioscura e silenziosa. Nives si inginocchia ai piedi della croce, piangente rivolge gli occhi al cielo in una muta preghiera. Accende una candela e determinata esce dalla chiesa. Otto anni prima Bonaparte aveva ricevuto una breve lettera in cui era stato informato che “la ragazza” era incinta di otto mesi e avrebbe partorito nel mese di dicembre, doveva decidere cosa fare, una situazione veramente delicata, ma la priorità assoluta per sua maestà andava data ancora agli interessi della Francia. Non poteva abbassare la guardia anche se dopo la battaglia di Austerlitz la pace in Europa pareva ristabilita e negli ultimi due mesi si erano susseguiti numerosi eventi positivi: gli austriaci erano stati cacciati dalla Germania, la penisola italica era governata dal figlioccio Eugenio, mentre i Borboni si erano ritirati in Sicilia, l’Inghilterra indebolita dalla morte del ministro degli esteri Pitt e ancor di più dopo la morte del suo successore Fox. Il Papa non era contento e molte corti europee desideravano il ritorno all’Ancien Régime...

Mare è il romanzo con il quale Federica Nardo prosegue il racconto, iniziato con Neve, della relazione di Napoleone Bonaparte con la contessa Nives De Morin, personaggio di fantasia. Seppure tutti gli avvenimenti dei protagonisti siano frutto dell’immaginazione dell’autrice, il racconto ha una trama che affonda le radici in dati storici assodati, a partire dalla fama di tombeur de femmes dell’imperatore, per passare dai protagonisti che gravitavano intorno al grande uomo, fino a arrivare agli episodi della storiografia europea riportati. Nardo, appassionata di Bonaparte fin dai dieci anni, ci tiene a presentare Napoleone come l’uomo che ha scoperto fosse attraverso gli studi e le ricerche fatte negli anni, non solo forte, arrogante e determinato, ma anche passionale e appassionato della vita, geniale, perfezionista, sensibile e innamorato. Nives è protagonista di avventure rocambolesche che la portano a entrare in contatto con personaggi salgariani e tra un colpo di scena e l’altro emergono circostanze ben documentate che mantengono la narrazione all’interno di un quadro ben definito. Un racconto interessante, seppure penalizzato dallo stile. Federica Nardo vuole scrivere in maniera ricercata, lo si capisce dai molti richiami letterari più o meno velati, dalla scelta di tantissimi vocaboli desueti, dalla ridondanza di aggettivi. Alla fine è quasi un esercizio di stile che obbliga il lettore medio ad attingere spesso, troppo, al vocabolario per avere conferma dei significati delle espressioni usate. In generale c’è una sovrabbondanza che va a scapito della fluidità di lettura e del coinvolgimento empatico.