
Contemplare mare e cielo dalla riva, misurando le distanze per imparare a guardare. Scendere sotto il pelo dell’acqua tra pesci, meduse e stelle marine. Attraversare la notte che confonde a bordo di un esile naviglio, verso l’approdo sicuro di un’isola in mezzo al mare…
“Il cielo è così grande, il mare è tanto mare / E io son così piccolo, posso solo guardare”. L’immersione nel paesaggio marino comincia con questi versi. Una riproposizione sub specie bambino del tema della piccolezza umana di fronte alla vastità e alla magnificenza della Natura. Poi parole e immagini si spingono oltre il limite di questa sproporzione e descrivono un viaggio di conquista dell’identità attraverso la fusione e la perdita di sé nell’elemento-madre (il mare). Sirene, bambini-pesce, pesci-bambino, presenze evanescenti sulla frontiera sempre più sfumata tra due mondi, segnano le tappe di una consapevolezza che cresce e si fortifica con il trascorrere della vita-giornata. I versi distillano metafore alternate in cui mare e “me” si confondono e sovrappongono (“Chi vola batte le ali, chi guarda batte le ciglia / il mare batte le onde e tutto ci assomiglia”). E poi viene la notte… Nella notte tutto si confonde e torna indifferenziato, inquietante. Il chiarore del nuovo mattino però ridona i contorni alle cose, “mare” e “me” si separano di nuovo: l’identità ha infine trovato il suo centro, “con i piedi per terra, e mare tutto intorno”. Le rime intensamente evocative di Bruno Tognolini e gli acquarelli boreali di Antonella Abbatiello riescono in poche pagine a raccontare con levità una storia di crescita e di conquista dell’identità personale che unisce grandi e bambini attraverso la metafora universale del mare. Forse il trucco è nella gestazione sui generis di Maremè. Le illustrazioni della Abbatiello precedono cronologicamente i testi che Tognolini ha scritto apposta per accompagnarle (insomma per una volta la poesia è ancella del disegno). I due autori, soddisfatti del risultato di questa inversione dei ruoli, hanno deciso di ripeterla per un nuovo libro. Non resta che aspettare…
“Il cielo è così grande, il mare è tanto mare / E io son così piccolo, posso solo guardare”. L’immersione nel paesaggio marino comincia con questi versi. Una riproposizione sub specie bambino del tema della piccolezza umana di fronte alla vastità e alla magnificenza della Natura. Poi parole e immagini si spingono oltre il limite di questa sproporzione e descrivono un viaggio di conquista dell’identità attraverso la fusione e la perdita di sé nell’elemento-madre (il mare). Sirene, bambini-pesce, pesci-bambino, presenze evanescenti sulla frontiera sempre più sfumata tra due mondi, segnano le tappe di una consapevolezza che cresce e si fortifica con il trascorrere della vita-giornata. I versi distillano metafore alternate in cui mare e “me” si confondono e sovrappongono (“Chi vola batte le ali, chi guarda batte le ciglia / il mare batte le onde e tutto ci assomiglia”). E poi viene la notte… Nella notte tutto si confonde e torna indifferenziato, inquietante. Il chiarore del nuovo mattino però ridona i contorni alle cose, “mare” e “me” si separano di nuovo: l’identità ha infine trovato il suo centro, “con i piedi per terra, e mare tutto intorno”. Le rime intensamente evocative di Bruno Tognolini e gli acquarelli boreali di Antonella Abbatiello riescono in poche pagine a raccontare con levità una storia di crescita e di conquista dell’identità personale che unisce grandi e bambini attraverso la metafora universale del mare. Forse il trucco è nella gestazione sui generis di Maremè. Le illustrazioni della Abbatiello precedono cronologicamente i testi che Tognolini ha scritto apposta per accompagnarle (insomma per una volta la poesia è ancella del disegno). I due autori, soddisfatti del risultato di questa inversione dei ruoli, hanno deciso di ripeterla per un nuovo libro. Non resta che aspettare…