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María

María

A Santini piace scrivere, e non per pubblicare, ma per non dimenticare. Scrive con cura le storie delle persone che ascolta, registrando ogni dettaglio per cercare di rispondere a una domanda semplice: perché si sta al mondo? E poco gli importa che queste storie siano vere o inventate, perché sempre rivelano qualcosa di un’anima e avvicinano così al segreto dell’esistenza. In un pomeriggio d’autunno piuttosto noioso in questura si presenta una donna. È esile e scialba, però il suo aspetto è dignitoso, perbene. È venuta a confessare un delitto, ma non pare proprio un’assassina. Nonostante in questura a volte capitino persone mitomani dotate di grande fantasia che raccontano storie inventate e incredibili che potrebbero tenere testa ai migliori racconti di Shakespeare e Dostoevskij, María non sembra una matta né una drogata. Il suo sguardo è sincero, umano. Del resto esistono assassini di tutti i tipi, anche di quelli a cui affideresti tuo figlio a occhi chiusi. Si vede però che non sta bene, è molto debole, potrebbe essere una puerpera appena alzatasi dal letto e che uno svenimento potrebbe investire da un momento all’altro. Qualcosa l’angoscia, e anche se è calma e composta e aspetta che le diano il via per parlare, si capisce che dentro freme di iniziare a raccontare la sua storia. La storia più triste che Santini abbia mai ascoltato...

Travolgente. Le parole scorrono fluide sotto gli occhi, che ne diventano sempre più avidi e mai vorrebbero mollare il libro. Con María entriamo nella miseria umana, nell’assurdità di una situazione da cui non sembra esserci scampo se non quello della morte, nella cattiveria di una persona che si sente depredata e minacciata dalla vita e che per crearsi un recinto sicuro cerca di trascinare sulla strada della cattiveria anche coloro che le stanno attorno. Ma per fortuna non sempre riesce a rendere gli altri suoi complici. Ed è bello scoprire allora che anche in tanta crudeltà è possibile mantenere un’umanità, è possibile riuscire ad alzare la testa e a ribellarsi per liberarsi del peso e della fatica di essere fatti complici di ciò che non si vorrebbe mai vivere. María, una donna che sembra debole, fragile e incapace di opporsi alla violenza, in realtà ha dentro di sé una forza inarrestabile che nasce dalla vita e dal desiderio vitale di difendere ciò che merita di vivere. Con la delicatezza che caratterizza il modo di essere di María e allo stesso tempo con la forza prorompente di un racconto che inizia in medias res, Nadia Fusini ci fa conoscere il segreto di un’anima femminile che è in grado di vivere a contatto con la bruttezza senza però venirne assorbita, anzi convertendola in vita e quindi in bellezza. La foto è di Paolo Benegiamo.