
María Zambrano intende la filosofia come un “pensiero pratico che cerca giorno per giorno una verità viva e trasformativa capace di dare ordine all’esserci”. Il mezzo per giungervi è il logos, una parola “che sappia dare voce a quell’anelito dell’anima che tutti sentono”, un logos spermatikós , traslato dalla filosofia degli stoici, che “indica il soffio divino che contiene le ragioni seminali di ogni cosa...che dissemina di pensieri vitali lo spazio della parola”. In fondo la nostra vita è costruita sui discorsi, sulle parole che utilizziamo, viviamo in un mondo interpretato; come ci insegna il Vangelo il logos è il divino (nella tradizione cattolica il Cristo è il logos, la parola di Dio che si è fatta uomo), la luce, e “di luce ha bisogno l’esserci quando cerca la sua via”. Il discorso filosofico di Zambrano si esplicita in un linguaggio poetico, metaforico, allusivo, oscuro, complesso, proprio perché la realtà ha, a sua volta, meandri oscuri, tortuosi, e quindi la necessità è quella “di un dire che lasci apparire la sua irriducibile complessità...e che conservi il silenzio per tenersi fedeli alla qualità del reale perché la realtà eccede la capacità ermeneutica della ragione umana”. Questo porta a lasciare spazi inconclusi, nel ragionamento, a procedere per frammenti per lasciare all’Altro il proprio “principio di ordine nella composizione del senso”; per questo la sua filosofia non ha la pretesa di arrivare a una conclusione né a una dottrina. Filosofia originale, la sua, laddove si lascia affascinare dalla ragione poetica: non esiste poesia senza pensiero ma non è nemmeno possibile il contrario, una ragione cioè senza poesia; è la sintesi di entrambe che può indicare il vero cammino da percorrere. Da qui parte la critica a Platone e la vicinanza al pensiero di Socrate...
María Zambrano nasce a Vélez-Malaga nel 1904 e muore a Madrid nel 1991, dove aveva fatto ritorno nel 1984, dopo un esilio durato quarant’anni, per sfuggire dalla dittatura franchista, da lei sempre aspramente criticata. Di lei, una delle filosofe più importanti del secolo scorso, insieme a Simone de Beauvoir, Hannah Arendt, Luce Irigaray e Susan Sontag, Luigina Mortari, docente di Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’università di Verona, traccia un ritratto appassionato e partecipe, ammettendo le difficoltà di accostarsi e di restituire al lettore un pensiero filosofico così particolare, che arriva a esplorare i lati più reconditi della realtà umana, fermandosi spesso davanti all’oscuro, non arrivando ad una conclusione, foss’anche un’aporia. Detestando un approccio sistematico e asettico del filosofo, relaziona tutti gli aspetti della realtà nel loro esatto profilo, lasciando in sospeso gli aspetti più complessi, ma fornendo una sorta di guida e gli attrezzi necessari affinché ognuno possa trovare il proprio percorso. La sua è una ragione pratica, la filosofia deve essere intesa come uno strumento che deve “cercare la sapienza delle cose umane”; è questo pensiero di Socrate che la indirizza nella sua ricerca. Un’altra caratteristica imprescindibile che caratterizza il pensiero di Zambrano è la critica all’atteggiamento di Platone nei confronti della poesia (a questo proposito consiglio la lettura di Filosofia e poesia per chi volesse approfondire la tematica), critica che è anche però la sua traiettoria intellettuale: la ragione poetica. In Repubblica, Platone afferma la superiorità della filosofia sulla poesia. In seguito, Aristotele cercò di “metterci una pezza”, immaginando che il gesto filosofico nascesse dalla meraviglia; Zambrano si oppone a questa considerazione perché allora si avrebbe qualche difficoltà a spiegare come mai sia scomparso lo stupore, in filosofia, lasciando il posto al sistema, come mai il filosofo abbia smesso di vedere le cose. Zambrano identifica l’affermazione di Platone come un atto di violenza, uno “strappo”. La luce che abbaglia l’uomo uscito dalla caverna è il frutto di una violenza del logos, che ha allontanato irrimediabilmente filosofo e poeta; dice la filosofa spagnola: “Il filosofo vuole l’uno perché vuole il tutto. Il poeta non vuole tutto, perché teme che in questo tutto non rimanga ognuna delle cose in tutte le sue sfumature; il poeta vuole una, ciascuna cosa, senza restrizioni, senza astrazioni né rinunce”. In questa affermazione si trova l’approccio di Zambrano alla filosofia. Il saggio di Mortari è un esempio di come dovrebbe essere scritto un saggio: una rielaborazione chiara, comprensibile ai non addetti ai lavori, non una dimostrazione di forza (guardate quanto so) ma un’umile (nel senso più nobile) spiegazione. Molto consigliato.