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Mascaró

Mascaró

Ci sono tutti quella sera nella bettola in riva al porto a festeggiare: i musicisti intonano musiche di ogni genere, a volte scoordinate fra di loro; la Pila ed il Consigliere ammiccano fra una portata e l’altra; il capitano Alfonso Domínguez scende dalla nave approdata ad Arenales per godersi la gloria di chi traghetta da un mare all’altro, mostrando fiero i bicipiti e condendo il tutto con racconti fantasiosi di imprese fuori dall’ordinario. Oreste si decide finalmente a salire sulla nave, si è perfino risoluto a scrivere a Margarita per affidarle la piccola Pomponina; ficca tutte le sue poche cose nello zaino ed è pronto al suo viaggio, anche se non sa bene ancora dove andrà. Fervono i preparativi, si susseguono gli imbarchi, in un clima festoso quasi orgiastico che coinvolge tutto il paese, fino a quando la folla entusiasta si apre per far salire sulla nave uno strano personaggio, il Principe Patagón, che per pochi pesos promette letture di poesie, spettacoli di illusionismo, arte e scienza. Per i più poveri è possibile anche un pagamento in natura. Il faro segna la rotta, il mare è propizio. Appare chiaro fin da subito che non sarà un viaggio come tutti gli altri, perché c’è nell’aria una voglia di avventura che altre volte non è così evidente. La nave, dal nome profetico, Mañana, è carica: si può partire...

Quando muore, a soli 51 anni, lo scrittore argentino Haroldo Conti ha già pubblicato sei romanzi, notevoli per vena narrativa, simbolismo e forza politica. Non a caso Conti diventa bersaglio del generale Videla, che vede nell’opera del romanziere una minaccia al suo regime: le storie ed i personaggi, ammantati da un’aura grottesca e picaresca, sono rappresentazioni concrete di un desiderio atavico di resistenza all’oppressione ed alla censura. In Mascaró dominano il tema del viaggio e quello del circo (il Grande Circo dell’Arco), come fuga leggera verso la libertà; il Principe Patagón, figura eclettica, poeta, indovino, musico, e Oreste Antonelli sono le due anime di un popolo malinconico, legato alle tradizioni, ma che non si arrende e ricerca i contorni, quasi utopici, di un Paese migliore. Conti accoglie il lettore in un mondo caotico, fatto di frenetici suoni che si intrecciano alle pulsioni umane di una bettola e lo accompagna fino ad un’altra taverna, luogo altrettanto simbolico da dove è possibile riprendere un nuovo viaggio. La nave, Mañana, è la speranza per raggiungere la mèta. Il romanzo si snoda vorticosamente in una storia di resistenza che rappresenta un vero e proprio inno alla vita libera: la prosa affabulatrice, solo a tratti frammentaria, non ha pretese di esaustività, ma cerca di toccare tutte le corde della creatività; non dissimula, ma dipinge un desiderio. L’edizione è arricchita dalla prefazione di Gabriel García Márquez che di Haroldo Conti è stato estimatore ed amico: poche parole per tracciarne un ritratto, di scrittore e soprattutto di uomo, destinato all’eternità.