
C’è più movimento del solito, quel lunedì, in casa Blumenthal, nella placida cittadina di Rundle Junction. Bennie è impegnata a lavare i capelli della figlia Mantha, 8 anni, mentre il cinquenne Pim scorrazza mezzo nudo nel corridoio, eccitato per l’arrivo imminente degli ospiti. Tra quattro giorni Clem, 22 anni e primogenita della famiglia, si sposerà con la sua fidanzata e compagna di college Diggs. Bennie, in balia di ansia e ormoni, riflette sui cambiamenti che stanno per travolgere la famiglia. Eccitanti e spaventosi insieme. Quattro figli (sì, c’è anche il sedicenne Tom) e un quinto in arrivo, una gravidanza che a 44 anni è giunta inaspettata e di cui al momento sono a conoscenza solo lei, suo marito Walter e il ginecologo. Ci sarà tempo per affrontare la questione, adesso le attenzioni devono convergere tutte verso Clem e il suo grande giorno e un simile annuncio sottrarrebbe un bel po’ di attenzioni alla giovane sposa. Nemmeno la notizia della vendita dell’antica dimora è stata divulgata. L’enorme casa mangia soldi in cui la famiglia di Bennie abita da generazioni e che ora è il momento di lasciare, perché troppo grande e impegnativa finanziariamente per le loro possibilità. Senza contare che a dare una spinta ulteriore verso il cambiamento ci hanno pensato i nuovi residenti nel quartiere, quelli che Walter chiama “cappelli neri” con tono petulante. Il timore che la città subisca la stessa sorte di New Ashkelon e si trasformi in un centro ultra ortodosso di ebrei haredim, ha scaldato parecchio gli animi durante l’ultima assemblea comunale e ormai non si parla d’altro. Alcuni membri della comunità non esitano a sobillare i concittadini con atteggiamenti di malcelato antisemitismo e l’atmosfera ormai si è guastata, inoltre lo spettro del crollo del mercato immobiliare aleggia su di loro. Devono cogliere il momento o rischiano di andare in perdita…
Cinque giorni, è questo l’arco temporale durante il quale si sviluppa l’intero romanzo. Cinque giorni costellati da numerosi eventi apparentemente banali, legati al quotidiano di una famiglia numerosa che accoglie ospiti e organizza cene, in attesa del matrimonio che si svolgerà venerdì nel giardino. Un romanzo corale che vede passare il punto di vista da un personaggio all’altro, di scena in scena. Basta un gesto, un odore, una voce perché colui o colei a cui spetta l’azione ripeschi un ricordo e mostri al lettore le ragioni di un determinato percorso emotivo o di scelte di vita. Non solo, è possibile sbirciare il loro futuro grazie a qualche flash forward, che la scrittrice Leah Hager Cohen inserisce con cura e con ricchezza di dettagli. Una famiglia, un matrimonio, pagine che scorrono con leggerezza (a volte, occorre dirlo, un po’ sdolcinate), ma restituite a una dimensione più credibile, reale e concreta dalla memoria di un lutto collettivo, di bimbi strappati per sempre al futuro, dalla xenofobia che ha colpito chi non ha colpa e dall’antisemitismo camuffato da una patina di ordine borghese. Un matrimonio interraziale lesbico, che a qualcuno fa alzare gli occhi al cielo, ma pieno di aspettative per chi deve viverlo e un matrimonio già collaudato, fatto di complicità, supporto morale reciproco, segreti condivisi e sguardi intensi. Il presente e il passato che si scambiano il testimone in una casa enorme, antica, cigolante che dovrà essere riempita da nuove esistenze, in un paese che cambia, che piaccia o meno, perché niente può restare immutato. La Hager Cohen è riuscita a raccontare la vita ordinaria con cui tutti, più o meno, facciamo i conti, incastrandola in un contesto sociale che con i suoi mutamenti tira fuori la meschinità e il pregiudizio che albergano nelle famiglie borghesi, apparentemente più equilibrate e serene. Perché nessuno è immune da nevrosi, frustrazioni e intemperanze e c’è sempre qualcosa che stuzzica la nostra meschinità. Laureatasi in Letteratura nel 1988, la Hager Cohen ha lavorato per due anni come interprete del linguaggio dei segni, appreso da suo padre, direttore di una scuola nel Queens, per poi iscriversi alla facoltà di giornalismo. Autrice sia di romanzi che di saggistica, attualmente insegna scrittura creativa presso l’università del Massachusetts.