
Allan Melvill è un vecchio in fin di vita costretto ad un letto, legato dai parenti che lo considerano un pazzo che vaneggia. Non potrebbe essere differentemente dopo l’ultima sua bravata, la traversata a piedi di un fiume ghiacciato. Siamo nel 1832, ad Albany. L’uomo, senza più soldi, dopo aver sperperato i pochi averi rimasti da una vita da commerciante più volte fallito, è accudito dal secondo figlio Herman, che, accomodatosi ai suoi piedi, l’assiste e l’aiuta a ricomporre le tessere di un’esistenza solo apparentemente grama. Una vita che al figlio sembra piatta, insignificante, la vita di un fallito. Ma c’è di più. A nulla sono serviti i soggiorni che Allan ha vissuto in Europa, a nulla sono serviti i tentativi di avviare una attività commerciale con i soldi della suocera, erede dei Gansevoort, patriotici eroi della nazione americana. Albany è un contesto troppo ristretto per l’ambizioso Allan, che prova invano la fortuna a New York: ma, si sa, sui soci non si può fare affidamento e così non gli resta che accettare l’ennesimo fallimento, liquidare tutto e tornarsene nella più mite e tranquilla Albany. Un viaggio benedetto, perché segnato dal freddo e dal dolore, ma anche dai ricordi, soprattutto del grande viaggio in Italia, a Venezia, quando tutto era a portata di mano. Un ritorno in Europa che ne segna fortemente l’esistenza, come la traversata del fiume ghiacciato che lo lega ad un letto di ricordi, ma anche al figlio, che riscopre un padre fino ad allora ignorato...
Rodrigo Fresán indaga a modo suo la vita di Allan Melvill, padre del più noto scrittore Herman Melville, utilizzando uno stile compositivo particolare, proprio dello scrittore argentino: la trama è destrutturata, ricomposta ad incastro, montata con sovrapposizioni di piani narrativi che scivolano fra la terza e la prima persona con mirabile maestrìa e ritmo serrato. Incastonato fra una prima ed una terza parte, rispettivamente intitolate “Il padre del figlio” ed “Il figlio del padre”, che richiamano l’attualità storica degli ultimi giorni di vita del padre, il cuore del racconto si snoda intorno al viaggio a piedi sul fiume Hudson che Allan lascia in eredità al figlio Herman. Sicuramente è centrale l’elemento romanzesco ed il rapporto padre/figlio, raccontato come un passaggio di testimone, culturale e narrativo. La figura del padre “ritrovato” è la guida ispiratrice del figlio: Rodrigo Fresán mette in scena nella sezione centrale, intitolata “Glaciologia o la trasparenza del ghiaccio”, i germi del racconto d’avventura, mistica e scientifica, che sono alla base del più celebre Moby Dick. Per questo il romanzo prende il sopravvento sulla biografia esplorando un’immaginaria linea di continuità, poetica e filosofica, fra il padre ed il figlio, ma anche fra il figlio, debitore disilluso dell’eredità paterna, ed il padre, di cui arriva anche a mettere in discussione la stessa esistenza. Una menzione particolare merita il lavoro della traduttrice, Giulia Zavagna, che ha saputo trasportare nella lingua italiana un caleidoscopio di espressioni e di livelli di lettura che sono la cifra stilistica di Rodrigo Fresán, autore che ama flirtare con i lettori, provocarli, portarli al paradosso stesso della narrazione, come ne La parte inventata.