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Memorie

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Ha solo 48 anni Sergej Michailovič Ejzenštejn quando si vede costretto ad un lungo e forzato periodo di riposo: un infarto l’ha colpito e i medici gli impongono di dare un freno alla sua vita di continui viaggi. Inchiodato al letto, prima, invitato a ridurre i suoi impegni dopo: recluso in una stanza. Riposo assoluto, visto che per un attimo lo hanno perfino dichiarato morto e ancora non si spiegano come sia potuto succedere che sia sopravvissuto. In questa condizione si può permettere di riaprire i cassetti della memoria e rivivere una vita che per sua stessa ammissione è stata frenetica, percorsa al galoppo. Una pacchia, per lui! La prima immagine che gli viene alla mente è legata all’infanzia in una villa del litorale lettone, insieme al fratello: ricorda le pere, buonissime con una crema allo zabaione, ricorda i colori, le sensazioni piacevoli del vento fra i rami degli alberi. È il suo primo approccio alla vita che gli si apre in tutta la sua bellezza, come armonia da cogliere, da descrivere, da tenere insieme. Ricorda anche il giardino della villa sistemato con luci particolari nel giorno di Sant’Olga predisposto per la rappresentazione de L’attendente te l’ha fatta, uno spettacolo teatrale di una compagnia di dilettanti, il primo spettacolo al quale ricorda di aver assistito, all’età di 6 anni. C’è poi la scoperta del cinema, a Parigi, nel 1906: l’inizio dei viaggi, degli esperimenti, della vita frenetica…

La vita di Sergej Michailovič Ejzenštejn è stata breve, ma intensa: sembra una frase fatta, ma in questo caso va ben oltre ogni retorica, perché riassume con precisione le vicende di questo pioniere del cinema moderno, ebreo lettone di nascita, eretico e nemico di Stalin per idee, pensieri ed arte. La circostanza dell’infermità costringe Ejzenštejn a vivere a lungo in una stanza dove si era fatto installare un proiettore per continuare a lavorare e dove poteva immergersi nelle letture, vizio che l’ha accompagnato tutta la vita. Quella che per molti potrebbe significare una condanna, per Ejzenšejn è una possibilità di riposo, ma soprattutto si trasforma in un’opportunità di riflessione su se stesso e su quello che ha fatto in precedenza. Una vita molto movimentata, arricchita da viaggi all’estero, gravata dalla censura stalinista, condita di incontri mai banali, da Charlie Chaplin a Walt Disney, a Marlene Dietrich, sulle strade di Hollywood o a New York; ma segnata anche dalla comunanza di progetti artistici con i ‘compagni’ Vladimir Majakoskij e Boris Pasternak. Le immagini ed in nomi si posano sulla pagina uno dopo l’altro, secondo sequenze narrative logiche, prima ancora che cronologiche. E questa sua infermità creativa si rivela anche una grande opportunità per noi che leggiamo oggi: le sue Memorie raccolgono pagine dense di particolari, a volte appena abbozzati, ma anche di un reale entusiasmo per la vita che si traduce in una visione lucida, ironica, profonda quanto scanzonata, mai malinconica. Di fondo c’è il piacere e la curiosità di chi sente la missione di dover interpretare il mondo per consegnarlo ad altri. Ejzenštejn morirà dopo due anni di malattia, nel 1948, a soli cinquant’anni, sempre a causa di un infarto, nell’attesa che Stalin lo riabilitasse permettendogli di concludere la trilogia di Ivan il Terribile. Speranza rimasta vana.