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Memorie dell’insurrezione di Varsavia

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Martedì 1 agosto 1944. Miron, che all’epoca è un giovane di ventidue anni, ricorda di essere uscito di casa intorno a mezzogiorno. In cielo non splende il sole e non fa molto caldo, ma l’aria è appesantita da un alto tasso di umidità. Le strade di Varsavia, da cinque anni assediate dall’esercito di occupazione tedesco, sono percorse da un intenso traffico di tram, di macchine e di persone in stato di subbuglio. Le detonazioni dell’artiglieria si avvertono oggi più vicine rispetto al fronte dove è attestato l’esercito sovietico. Ovunque si rincorrono voci incontrollate di numerosi soldati nazisti uccisi e di carri armati enormi come palazzi che avanzano. Un’organizzazione clandestina locale collegata al governo esiliato a Londra, costituita in prevalenza dalla migliore gioventù polacca, è insorta. La città è schiacciata dalla morsa dei tiri infuocati e la popolazione cerca di sopravvivere alla veemenza dei bombardamenti, in un’agonia di stenti e dolore, nascosta nei bunker o esposta in trincea. Miron è posseduto da un’indole ingenua e sensibile, che niente affatto si addice all’atmosfera del momento, riflette sul fatto che quel giorno da sempre ricorre la festa del girasole e confessa all’amico Staszek che la madre, nell’affidargli il compito di andare a cercare del pane, gli aveva detto che quella sarebbe stata una bella giornata… a distanza di oltre vent’anni Miron Bialoszewski riuscirà a scrivere di quella tragedia, che prima non è stato in grado di raccontare se non «chiacchierando». E, anche sulla pagina, il racconto è un “parlato” concitato, frantumato ed erratico, in un libero flusso di ricordi: l’unica forma capace di testimoniare una verità lontana da quella delle opposte propagande. E capace, nel percussivo alternarsi di immagini e suoni, odori e sapori, di costringere il lettore a un’immedesimazione assoluta.….

Milon Bialoszewski (Varsavia 1922 – 1983), benché in Italia non sia molto noto ai lettori, è stato poeta e drammaturgo, giornalista e critico letterario, uno dei più celebri e attivi protagonisti dell’attività culturale polacca della seconda metà del secolo scorso. In Memorie dell’insurrezione di Varsavia, dato alle stampe nel 1970 e oggi editato finalmente anche nel nostro Paese, egli rievoca addensa le sparse tessere dei tragici eventi di quel periodo di cui fu giovane testimone, come se stesse inzuppando un biscotto proustiano. Come annota, “Per vent’anni non sono riuscito neanche a scriverne. Anche se lo avrei tanto voluto”. Per fortuna la forza delle parole infine ha avuto la meglio. Non solo perché la sua testimonianza ci consente di aggiungere un ulteriore prezioso tassello al quadro storico, ma anche per averci concesso l’opportunità di scoprire la prosa di pregevole fattura di un grande poeta. Ad esempio come non cogliere la purezza del suo sguardo mentre si sofferma ad osservare e rievocare le gesta dei cittadini nell’ora del dramma storico, la leggerezza del suo lessico attento e meticoloso nel frugare le condizioni di vita tra le macerie con impietosa e coinvolgente dovizia di particolari nella pesantezza della tragedia. Un’esperienza che, per errori di valutazione, scelte inopportune, aspettative mancate, cinismo e ferocia del contesto storico hanno prodotto distruzioni, morti e ferite non rimarginabili. Il presente memoir è concepito come un romanzo storico, nel senso che descrive un preciso momento della storia. Ed è esistenziale poiché pone domande che vanno oltre. Un memoir che nasce da una premessa storica ma è comunque di grande attualità nel mondo contemporaneo..