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Memorie di un guerriero cheyenne

Memorie di un guerriero cheyenne
Kum-mok-quiv-vi-ok-ta, Gambe di Legno nella lingua cheyenne, nasce nel 1858, nella regione delle Black Hills, presso il fiume Che-yenne. Il nome gli è stato affibbiato per la sua grande forza fisica e resistenza negli arti inferiori. Suo nonno è quel famoso Senza Trecce che partecipò a Washington come delegato Cheyenne nelle trattative con il Governo degli Stati Uniti d’America, mentre suo padre è il grande Bisonte Bianco che si Scrolla la Polvere. Due grandi guerrieri che hanno insegnato al giovane Gambe di Legno il senso dell’onore e la tenacia, soprattutto in battaglia. I suoi incontri con l’uomo bianco sono stati sempre sporadici e comunque pacifici. La sua tribù ha vissuto un periodo di relativa tranquillità fino allo scoppio della guerra per il possesso delle Black Hills. Quando il governo americano scopre l’oro in queste terre sacre, dapprima tenta di acquistarle dai nativi e poi lancia un ultimatum verso la fine del 1875. Il trattato di Laramie, quello che consentiva agli indiani di vivere pacificamente nei loro territori d’appartenenza, diventa quindi d’un tratto carta straccia e la neve impedisce ogni tipo di spostamento da parte dei Cheyenne. A Gambe di Legno e i suoi compagni non rimane dunque che percorrere il cosiddetto “sentiero di guerra” che culminerà, nel 1876, con la grande battaglia sul fiume Little Big Horn, dove il generale Custer perderà la vita…

Nel 1922, un medico del Montana di nome Thomas B. Marquis decise di conoscere la verità sulla battaglia di Little Big Horn e perciò si trasferì nelle riserve dei Cheyenne settentrionali. Con racconti di prima mano, riuscì a ricostruire la campagna del governo americano contro i nativi e il suo testimone privilegiato divenne proprio Gambe di Legno. Il pretesto del racconto della battaglia contro Lunghi Capelli Custer servì al guerriero Cheyenne per viaggiare con la mente nel passato e narrare l’epopea del suo popolo, dai momenti di pace e libertà fino all’ingresso in guerra. Interessante anche l’approfondimento sugli usi e sui costumi dei Cheyenne che ebbero più di un ammiratore illustre. Lo stesso Custer, nemico di sempre del popolo rosso, ebbe modo di affermare: “Se fossi un indiano, preferirei andare incontro al destino insieme con quelli del mio popolo che rimasero fedeli alle Pianure libere e aperte, piuttosto che rinchiudermi nei ristretti confini di una riserva e il beneficiare delle benedizioni della civiltà, mescolate senza limite o misura ai suoi vizi”. Un libro per capire una pagina tragica della storia americana, con un taglio inedito e particolarissimo che offre uno spaccato attraverso gli occhi del “nemico”, un po’ come fece Piccolo grande uomo a Hollywood.