
Solita mattinata complicata in casa di Elisa Fioretti. Quarantasei anni, dirigente del servizio di statistica al Ministero, deve gestire tutta sola la sua famiglia, dopo che suo marito Carlo l’ha abbandonata per stare con un’altra donna. I suoi figli, Laura e Daniele (Lele, affettuosamente) sono la sua ragione di vita: ogni giorno è un’impresa farli preparare per accompagnarli a scuola. Lele è lento, ostile, non vuole fare colazione - è magrissimo, ma il pediatra dice che i suoi sono solo capricci - non vuole vestirsi, e pende letteralmente dalle labbra di sua sorella tredicenne, che comincia dalle 7 a smanettare sul cellulare e, da sei mesi a quella parte, non fa che rinfacciare a sua madre il fatto di averle negato l’iscrizione alla scuola americana. Elisa arriva al lavoro già stanca, ma sono tante altre le cose che generano stress nella sua vita: sua madre Wanda che la giudica in continuazione; sua sorella Valeria sempre sofferente, che insiste nello stare con un uomo che non le darà mai quello che vuole di più al mondo: un figlio. E poi Matilda, la figlia che Carlo ha avuto da Francesca, l’altra. Laura e Lele adorano la sorellina, una sorta di Shirley Temple in miniatura, e la vorrebbero sempre con loro; ma Elisa non riesce a farsela piacere: è solo una bambina che non ha nessuna colpa, ne è consapevole, ma è ugualmente troppo dura da digerire, sebbene si sforzi di avere con Carlo un rapporto civile. Stefano Bellini è in una situazione altrettanto delicata: più o meno la stessa età di Elisa, carriera brillante come consulente, alle prese con una figlia adolescente che si veste troppo succinta e odia sua madre, la quale vive a Parigi col nuovo marito, tre figli maschi scalmanati e un’altra figlia in arrivo. Elisa e Stefano si incrociano sul lavoro per un caso fortuito, complice una e-mail spedita all’indirizzo sbagliato. Tra loro solo fredda cortesia, un semplice scambio di favori su un piano strettamente lavorativo. Nessuna scintilla, almeno in apparenza...
Beatrice Mariani ci parla ancora d’amore, e ancora una volta non solo. Dopo l’esordio nel 2018 con Una ragazza inglese, rivisitazione in chiave moderna (ma troppo stereotipata) del capolavoro di Charlotte Brontë Jane Eyre, l’autrice romana abbandona del tutto i cliché e ritorna con una storia di gran lunga più bella, interessante e credibile della prima, supportata dalla sua buona scrittura, che si conferma limpida, semplice, diretta. Una storia contemporanea abitata da personaggi profondamente umani e imperfetti, uomini e donne che procedono a tentoni su una strada costantemente in salita, augurandosi di prendere decisioni che non saranno forse le più giuste, ma quelle che possono aiutare a svoltare, in un modo o nell’altro. Per Elisa e Stefano, entrambi componenti di una cosiddetta “famiglia allargata”, la lotta è quotidiana, sfibrante, con un unico imperativo: restare a galla. Ci provano a superare i sensi di colpa; ci provano ad essere bravi genitori e, soprattutto per amore dei figli, a non odiare i rispettivi ex (si sa, le storie finiscono, ma le emozioni, spesso contrastanti, restano e sono difficili da gestire). Provano anche a darsi una possibilità come potenziale coppia: tra loro nasce tutto in sordina, lentamente, per poi crescere, sorprendere entrambi e, ovviamente, complicarsi. Sarà ancora possibile fidarsi? Superare le incomprensioni, e quell’odiosa sensazione di fallimento che da troppo tempo accompagna le loro vite? Nessun colpo di scena a cambiare le carte in tavola; il lettore viene trascinato semplicemente all’interno del dialogo e del confronto costanti, reso partecipe dei dubbi e della volontà di due persone consapevoli di essere sedute sull’orlo di un baratro, indecise se buttarsi e (forse) regalarsi una nuova occasione di felicità.