
Dopo gli eventi narrati ne La Casta dei Meta-Baroni, il Senza-Nome, ultimo della sua dinastia, ha deciso di non uccidere, di non procreare più e di interrompere quel ciclo di scontri patricidi nel rituale di passaggio che vuole che il figlio uccida il padre per succedergli come Meta-Barone. Eppure una nuova minaccia sembra profilarsi nel cosmo, l’avidità del Tecno-Papa ha raggiunto Marmola, il pianeta dove il Meta-Barone Othon diede inizio alla casta ed unica riserva dell’epifite, il prezioso minerale che segnò, anni prima, un salto tecnologico immenso per i viaggi spaziali. Per prepararsi ad affrontare il Senza-Nome, il Tecno-Papa si affida al rude Wilhelm-100, il migliore dei Tecno-Ammiragli, efficiente quanto spietato. La storia insegna che nessuno può uccidere un Meta-Barone, tranne un altro Meta-Barone, allora perché non crearne uno? Crescerlo come una macchina da guerra, privarlo di ogni affetto e morale e metterlo sulla strada dell’originale?
Dopo la saga della Casta dei Meta-Baroni Alejandro Jodorowsky prosegue con una mini dedicata esclusivamente all’ultimo dei Meta-Baroni, il Senza-Nome. Se nella prima serie lo avevamo conosciuto in modo satellitare rispetto agli altri Meta-Baroni ora la storia è incentrata unicamente su di lui e sulla figura di Khonrad, il giovane clone creato appositamente per confrontarsi con il protagonista. Jodorowsky mantiene inalterata l’ambientazione del ciclo originale ̶ un mondo in cui tradizioni guerresche, scienza e genetica si fondono perfettamente ̶ ed introduce nuove fazioni politiche e sottotrame, senza però lasciare che un impianto così ampio e sfaccettato appesantisca la storia e la lettura. Lo stesso Khonrad, letterariamente parlando, ha un percorso perfettamente in linea con i suoi antenati, non ci stupisce il suo atteggiamento stoico nei confronti del dolore e lo spirito di sacrificio che lo portano a diventare un Meta-Barone in pectore pur non sapendo di esserlo. Rispetto alla precedente saga, vi è anche un diverso cast artistico: Jodorowsky affida i testi a Jerry Frissen (Gli zombie che divorarono il mondo, World war X) e i disegni, per questo primo volume, a Valentin Sécher, che ci mostra una mano per certi versi più morbida che però ci fa rimpiangere un poco il tratto ed i colori più sfumati e luminosi di Juan Gimenez nella saga della Casta, sicuramente più pittorici e meno artificiali.