
Lo sguardo sofferto del poeta osserva il dramma di un’umanità che, intrappolata nel labirinto dell’indifferenza e del conformismo, non cerca nemmeno più una via d’uscita. Là in quell’atmosfera amara e disincantata, sul crinale di quella linea d’ombra scaturisce la rabbiosa impotenza del disamore per una terra padroneggiata da “piccoli uccisori di segrete grandiosità” e l’indignazione dolente di chi è stato chiamato a vivere “per incidente cromosomico/ in un’epoca minima e inerte/ dove anche il soffio divino/ è un sottoprodotto cinese”. Sgorgano versi che risentono dell’intelligenza polemica di un letterato massimalista che non intende accontentarsi della “metà di niente” che gli resta tra le mani: “La nostra razza termina qui/ in una pulizia etnica senza precedenti/ per ogni poesia che abbiamo nascosto nel cuore/ dieci passatisti verranno giustiziati/ l’accusa è di dare asilo al nemico/ i processi sommari si susseguono su tutti i canali/ sia satellitari sia sul digitale terrestre/ e anche in alta definizione/ coloro che si sono battuti/ per il discernimento critico e il ripristino dell’emozione/ sono costretti ad abiurare in diretta/ tra un’interruzione pubblicitaria e l’altra”…
Mauro Macario – nato a Santa Margherita Ligure nel 1947 e figlio dell’indimenticato attore Erminio Macario – è regista e scrittore di testi teatrali, saggista e biografo, autore di scritti in prosa e di raccolte poetiche. La sua nuova silloge di poesie Metà di niente è uno di quei libri che entrano di soppiatto nella nostra vita e, pur senza squassarla con fragore, instillano in noi il dubbio se i fondamenti del nostro saperci e del nostro situarci siano saldi come un’ora prima di averne aperto una pagina. Perché esso non contiene il grido furente di un uomo in conflitto con i propri fantasmi, ma la denuncia impellente di un male di vivere che affiora dinanzi alla desolante regressione culturale, sociale e civile di un tempo che produce in noi la fine di ogni incanto. Macario scrive in preda all’emergenza espressiva di una tensione liberatoria, consegnandoci una trama poetica tersa di riflessioni amare e graffianti che non costituisce una maniera distaccata di osservare il mondo, né il tentativo di trascenderlo; ma che è la vibrante presa di posizione di un intellettuale, cui non fanno difetto il coraggio, la sincerità e la crudezza verbale. Ciò di cui avvertiamo un gran bisogno.