
Roma, 1 maggio 1508. Entrare in quella che diventerà la Cappella Sistina crea a Michelangelo un po’ di sgomento. Intanto per la vastità dello spazio e poi perché è convinto di essere un esperto solo nel liberare le figure dai marmi e di intendersi poco di pittura. È insieme ad alcuni amici di Firenze, pronti ad aiutarlo in questa impresa più volte rifiutata. A complicargli la vita c’è sempre Papa Giulio II, che gli chiede diverse opere ma poi cambia idea e non paga l’acquisto dei materiali per i quali Michelangelo si espone, impegnandosi a Carrara. Così il grande artista lascia Roma e se ne torna a Firenze. Viene rincorso da emissari del Pontefice e raggiunto da tre “brevi” papali. La pressione è talmente forte che anche il gonfaloniere Soderini dichiara che Firenze deve molto a Michelangelo, ma che l’artista non vale la salvezza dello Stato. È così che si ritrova costretto a raggiungere il papa a Bologna, dove gli commissiona una statua grande tre volte un uomo e soprattutto in bronzo. Alla dichiarazione di non saper gettare in bronzo, Giulio II con molta tranquillità dichiara: “Vorrà dire che la fonderai tante volte quante ne saranno necessarie”. Non è certo questo l’unico castigo da affrontare! Per la statua di bronzo impiega sette mesi, alla fine dei quali è costretto ad occuparsi della Cappella Sistina. Nonostante tutto Michelangelo non ha intenzione di fare un mero “lavoretto” con dodici apostoli e qualche ornamento, ma vuole regalare alla Chiesa un miracolo vero e proprio e Giulio II, quasi con disprezzo, lo denigra: “Volevamo un pittore e abbiamo trovato un Padreterno... Che Dio ci protegga!”...
Non è il solo amare Michelangelo che fa rimanere totalmente affascinati da questo fumetto (che per la verità definire fumetto sembra essere quasi riduttivo). Ogni elemento merita una particolare attenzione, dal tratto, al colore, alle parole... Un tratto a volte appena accennato ma che dice tanto, un colore cupo quando legato a sentimenti cupi, o sui toni del rosso per la passione, una passione equamente divisa tra arte e religione, anche se qualsiasi opera è in funzione della grandezza di Dio. E poi le parole, soprattutto le riflessioni che somigliano più a monologhi che a pensieri. Le vicende che ruotano intorno alla Cappella Sistina si conoscono benissimo, ma Gianluca Buttolo ci ha messo molto di più: ha dato un’anima a quello che abbiamo trovato nei libri di scuola. Ha dato a Michelangelo la possibilità di ritrovarsi scontento pur partecipando alla “confraternita più numerosa al mondo”, di cui è diventato membro “ogni mattina, entrando nella Sistina”. E qui i colori non possono essere che scale di grigio, mentre si aggiungono tocchi di rosso scuro quando parla di sé, in perenne conflitto, quasi non riconoscendosi, un uomo con due anime, “una che sa e l’altra che sente”. Michelangelo gabbato anche dalla famiglia, da quel padre che attinge dal suo conto per comprarsi vestiti ora che è diventato podestà, devastato dalle continue angherie del Papa, che vede nemici ovunque e forse a ragione, perché l’invidia ha animato molte persone, artisti e non, salvo poi costringere queste stesse persone a riconoscergli la grandezza che gli spetta di fronte a un’opera che è un miracolo come il suo gigantesco affresco sul Giudizio Universale, dove a ben guardare, tra i volti ritratti, si è tolto anche qualche bella soddisfazione! La chiusura che vuole la Cappella Sistina come una lettera agli uomini è da brivido...