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Mio figlio mi adora

Mio figlio mi adora

La famiglia è il luogo che marca la nostra origine e che costruisce tutti gli esseri umani. Il rapporto biologico però non può considerarsi nucleo fondativo della stessa in quanto, in qualunque civiltà, esso è sottomesso a quello culturale. L’ipervalutazione del legame di sangue intralcia il riconoscimento delle famiglie non biologiche, dove invece avviene una filiazione unicamente psichica. La vera madre è spesso identificata con la madre biologica ma se si legge la vicenda del Re Salomone si può trovare il messaggio che la vera madre è colei che è pronta a rinunciare al proprio narcisismo, che non lacera il figlio con il proprio bisogno di volerlo a tutti i costi per sé. La cattiva madre quindi diventa colei che lo soffoca dormendo con lui. Il fenomeno del co-sleeping che definisce la pratica sempre più diffusa di dormire con il proprio bambino, è considerato naturale ma pone le basi per una clausura per nulla allegra. Il corpo della madre se è stato fruito nel co-sleeping viene sostituito spesso con altri oggetti: cibo, stupefacenti, sesso compulsivo, gioco, computer. La mancanza di distinzione fra i membri della famiglia produce nei figli una vera e propria dipendenza dai genitori che vale anche al contrario. Famiglie così organizzate spesso sono antisociali poiché non educano al legame con l’Altro considerato straniero, pericoloso. Le famiglie claustrofiliche sono vischiose e vissute come esempi di amore e unione invece di essere considerate un sintomo, che non valutano che per accogliere le necessità evolutive dei figli è necessario un atto di separazione. La spettacolarizzazione dell’essere genitori travalica i singoli narcisismi e investe le dimensioni della civiltà. I bambini vengono lasciati malvolentieri con i nonni, le tate, gli zii, adulti che potrebbero offrire un altro modello di cura prezioso poiché allena alla diversità. I genitori invece preferiscono portare i loro figli con loro, ai concerti, al ristorante provocando non pochi disagi anche in chi ha fatto scelte diverse. La parola genitorialità ha iniziato non più a fare rima con responsabilità ma con proprietà. Un figlio non deve essere un oggetto che guarisce, che rende la vita facile o rassicura, il compito del genitore dovrebbe essere quello di creare le condizioni affinché il figlio si emancipi da lui…

In questo interessante saggio uscito in Italia per Nottetempo nel 2016, vincitore del primo premio internazionale “Città delle Rose 2017”, nel 2018 in Francia per Érès e in Brasile per Buzz Editora, la psicoanalista Laura Pigozzi fa un’analisi profonda delle famiglie di oggi, diventate un nido esclusivo e claustrofilico. Pone l’accento sui pericoli di questa tendenza sempre più evidente sottolineando l’importanza delle opposizioni e dell’accoglimento delle differenze per la crescita sana dei bambini. Rifiuta, con argomentazioni serie, facendo ricorso ad osservazioni di casi clinici nel suo lavoro di psicoanalista, la teoria sempre più pervasiva della famiglia vissuta come un corpo uterino che ha tutto, mostrando invece che per crescere si deve lasciare il nido e i genitori esattamente come sosteneva la filosofa Hanna Arendt dicendo “Gli uomini sono nati per incominciare”. Laura Pigozzi, grazie al suo lavoro di psicoanalista, riesce a leggere il rapporto tra la psicoanalisi e la contemporaneità, con particolare attenzione per la voce, l’arte e le nuove forme dei legami familiari. È anche insegnante di canto e conduce percorsi di formazione e d’aiuto. È membro della Fondation Européenne pour la Psychanalyse, già vicepresidente di Lou Salomé-Donne psicanaliste in rete. Cura il blog “Rapsodia” e ha fondato il Non Coro, laboratorio stabile di sperimentazione e creatività vocale. È nel comitato scientifico e docente della Società Italiana di Musicoterapia Psicoanalitica.