
Mario è un marito perfetto. Amato e stimato da tutti. Il suo salotto raccoglie le confidenze di amici e colleghi. E lui è sempre pronto a consolare e a consigliare. Consigli che esigono coerenza e disciplina. Un’attitudine che diventa una missione. Quasi un’ossessione. Mario “ama l’ordine, le regole, le cose ben fatte” e questo è il suo mantra. Costi quel che costi. La morte dei genitori segna per lei una nuova vita, una rinascita. Ha imparato a dormire da sveglia, in una sorta di sonno ipnotico che rilassa ma non le impedisce di lavorare. Assorta nel suo letargo, solo l’automatismo dei movimenti noti le impedisce di morire di fame o di stenti. Il bello della sua vita è tutto nei suoi sogni. Adolfo e sua madre fanno ormai parte della sua quotidianità: la madre non fa altro che dare indicazioni a suo figlio su cosa, come e quando dire e fare. Ogni indicazione è condita da una disastrosa profezia su quello che potrà accadere se non ascoltasse i consigli di mammà. Adolfo ha trent’anni ma sua madre si comporta come se ne avesse tre. Eppure sostituirla non sembra poi così difficile. E poi ci sono scene di ordinaria quotidianità in famiglia, quella di Roma e quella di Milano, entrambe con un marito e due figli; Lattanzio ed Elena, sposati da dieci anni e già stanchi; un diario coniugale che racconta il bisogno di relazioni per superare la noia e il grigiore esistenziale; adulteri e relazioni malate che urlano il desiderio di essere felici…
Dove il progresso incombe sembra non esserci più spazio per i sentimenti: l’amore diventa una chimera e le relazioni si ammalano. Gli occhi della gente sono sempre lì, attenti, che spiano e giudicano. La morale tradizionale sembra essere l’unico riferimento e le relazioni si svuotano di significato, capaci solo di leccarsi le ferite prodotte da un’alienante formalismo. Amore e morte che vanno a braccetto, in una prosa acuta, dal piacevolissimo tratto ironico e dalla scrittura fluida e veloce: parole che impattano, rompono schemi, trascinano, sorprendono. Dodici racconti per altrettante voci femminile che dicono l’amore: matrimoni, famiglie, relazioni fatte di rapporti superficiali e ordinari che si contrappongono a pensieri e riflessioni devianti, con l’effetto di sorprendere il lettore e coinvolgerlo pienamente. Mogli e compagne che fanno da specchio ai loro uomini, donne indipendenti capaci di gestire (nel nascondimento) le loro e le altrui vite. Che siano donne forti o sottomesse, le protagoniste nate dalla magistrale penna di Dacia Maraini, scrittrice impegnata e prolifera, sono ricche di sfumature, capaci di esprimere in pochi, essenziali, tratti una profondità psicologica che incanta e trascina. Ma che lascia l’amaro in bocca per l’incapacità di reagire davvero. Dal 1968 (anno di pubblicazione della prima edizione di Mio marito) sembra essere cambiato poco, troppo poco: sono cambiate le modalità e i linguaggi, ma ancora troppo spesso amore fa rima con prevaricazione.