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Miracoli di sangue

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Ryan Cusack è ancora Ryan Cusack: può indossare i suoi jeans scuri e la t-shirt aderente, uscire e ignorare lo sguardo accusatore e al contempo preoccupato della sua ragazza Karine. Questo perché Ryan è vivo. La morte gli ha urlato nelle orecchie quella sera del Bank Holiday, assordandolo con quel grido di autodistruzione fatto di droga, alcol e medicinali. Non ricorda di aver cercato quell’overdose, non voleva sbattere Karine contro il muro e nemmeno colpirla con quel pugno che fortunatamente è finito dritto sull’intonaco della parete. Le sei settimane passate a riprendersi, chiuso in casa, sono trascorse nel torpore. L’opera di sabotaggio della loro vita insieme, inconsciamente messa in atto forse fin dall’inizio della loro relazione, è destinata a progredire verso il suo compimento. Ryan non riesce a scegliere Karine e a staccarsi dalla sua routine. La sua normalità è fatta di serate nei locali, di trattative per l’acquisto della migliore ecstasy da rivendere sul mercato irlandese e di telefonate con il suo amico e datore di lavoro Dan Kane. L’amore per la musica e quello per la sua ragazza non sono in grado di trascinarlo fuori da quella vita sregolata e fatta di eccessi. Ryan è uno spacciatore, figlio d’arte del malavitoso Tony Cusack e della napoletana Maria Cattaneo, nato e cresciuto a Cork dove tutt’ora, ventenne, cerca di fare carriera come pusher. La svolta sembrerebbe a portata di mano grazie a delle nuove paste di MDMA di ottima qualità provenienti da Napoli e gestite dal traffico della camorra. Dan lo assolda come traduttore e una volta imbastita la prima trattativa, bastano poche parole in dialetto stretto per riconoscersi come “fratelli”. Il giovane Cusack è tornato: le ferite che lo hanno condotto al tentato suicidio sono ancora lì ma, nonostante ciò, la spinta ad immergersi nuovamente in quella nebbia tossica di traffici illegali e battaglie tra gang è troppo forte. La nuova guardia di Dan si scontra con la storica banda di Jimmy Phelan. Che sia arrivato il momento di riordinare tutto quel caos che scorre nelle vene di Cork, così come in quelle di Ryan?

Dopo il successo del suo romanzo d’esordio, Peccati Gloriosi (Bompiani, 2017), premiato con il Baileys Women’s Prize for Fiction e il Desmond Elliott Prize, Lisa McInerney torna a raccontarci di Ryan e della sua Cork malavitosa. Il lato più ruvido e sporco della città, dei suoi nightclub e dei sobborghi, si propone come silente e imparziale testimone alle vicende di contrabbando illegale di droga tra Italia e Irlanda. Una città che non giudica, così come la scrittura della McInerney, che si conferma essenziale e schietta ma al contempo passionale e introspettiva. Ryan è andato in frantumi e nel ricostruirsi non c’è volontà di migliorarsi. Cosa sia meglio, d’altronde, chi lo può stabilire? Forse la sua coscienza, impegnata in monologhi interiori con la madre venuta meno quando ancora era un ragazzo? O Karine, con i suoi libri pieni di risposte utili solo per gli esami universitari? La gioventù irlandese barcolla, in bilico tra autodistruzione e insoddisfazione, incompresa e irrequieta. In mezzo a quel vortice ci sono Ryan e Karine ma, un po’ a modo loro, anche Marianne e Connell, le persone normali di Sally Rooney. Anche qui abbiamo un cuore zoppicante e un po’ analfabeta, quello di Ryan, che cercherà conforto nell’attrazione carnale e proibita per l’irriverente Natalie e nelle cure materne dell’anziana Maureen. Non ci sono moralismi, interpretazioni o giustificazioni nelle parole dell’autrice irlandese. Nessun buono o cattivo in questa storia, ma solo Ryan e un nuovo casino cominciato, come gli altri, con l’estasi.