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Mistero Caravaggio

Mistero Caravaggio

Michelangelo Merisi è quello che oggi chiameremmo uno scavezzacollo. Curioso, intelligente, coraggioso, e - un po’ come tutti i bambini - imprudente. Appena può spia (nel senso che ruba con gli occhi) tutto quello che fa il padre, il quale orgogliosamente si lascia spiare e gli insegna molte cose. Quando non è in castigo per averne combinata una delle sue, naturalmente. Un giorno lo porta con sé a Milano – da Caravaggio, il paese dove vivono – per un sopralluogo. È stato chiamato da una confraternita preoccupata per il degrado dovuto all’umidità di un affresco a cui sono particolarmente legati. È L’ultima cena, dipinto da Leonardo. Ma questo il piccolo Michelangelo non lo sa. A Milano c’è la peste e purtroppo suo padre ne resterà vittima. Il Merisi cresce convincendosi sempre di più che la sua strada è l’arte, la pittura, una passione che lo brucia al punto che la madre, pur con grosse difficoltà, decide di mandarlo a bottega a Milano. Cresce Michelangelo, e quando si accorge di non avere più nulla da imparare lì, fa di tutto per andare a Roma, l’unico posto dove un artista può diventare qualcuno, dove ogni muro diventa una tela da riempire per la gioia degli occhi di ricchi nobili cardinali e perché no, del Papa. Fra Caravaggio e Roma c’è la differenza che uno si immagina fra la Terra e la Luna e dopo un inizio stentato e difficoltoso in cui si rende conto di avere davvero qualcosa di diverso e un talento non comune, sembra che la sorte gli diventi amica e comincia la sua ascesa, sia pur interrotta da molte cadute dovute al suo scellerato carattere che non è cambiato, che lo porterà a diventare un personaggio mitico, il Caravaggio…

Si possono avvicinare i ragazzi all’arte e al sublime raccontando loro una storia? Sì, leggendo questo romanzo direi proprio di sì. L’autore è uno studioso d’arte e ha scelto di dare “voce” ai pensieri di un genio. Un genio maledetto che ha saputo dare alle parole “buio” e “luce” un significato nuovo. Ha preso i fatti noti della vita di Caravaggio, i suoi quadri, e li ha trasformati nei momenti in cui sono nati, cucendogli addosso i pensieri che li hanno ispirati. Ha reso semplice avvicinarsi a un uomo che ha inventato letteralmente un modo nuovo di fare pittura, che ha sovvertito gli schemi e scompaginato le convenzioni. Il Michelangelo Merisi che ci racconta è un giovane impulsivo, che tenta di frenare i suoi istinti ma sa perfettamente di essere sempre sull’orlo del carcere, delle botte o di inimicarsi qualcuno di potente, cosa che peraltro è regolarmente accaduta, soprattutto dopo che oltre ai pennelli è diventata sua fedele compagna una spada. Come dicevo di ogni quadro che menziona (e sono tanti - tutti ultranoti anche a chi l’arte non la mastica per età o per cultura personale) D’Orazio ci racconta la storia: chi lo ha commissionato, come Caravaggio abbia regolarmente travalicato i limiti che tentavano di imporgli, come abbia trovato l’ispirazione e quali difficoltà abbia dovuto superare. L’autore, che ha al suo attivo molti romanzi e saggi sui maggiori artisti, forte della sua competenza sulla materia ha reso fruibili da chiunque dei capolavori, facendo venire voglia di vederli a chi non ne abbia mai avuto occasione e di rivederli a chi abbia già avuto questo privilegio. I 2 panini anziché 3 nel giudizio sono per qualche “libertà” che a un lettore adulto, in qualche momento del racconto, suona fuori contesto ma certamente, trattandosi di poche righe, alla maggior parte dei lettori (tanto più se ragazzi) non daranno alcun fastidio.