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Montanelli - Vita inquieta di un anti-monumento

Montanelli - Vita inquieta di un anti-monumento

“Giunto al termine della sua lunga e tormentata esistenza – Indro Montanelli – giornalista – Fucecchio, 22 aprile 1909” - qui lascia uno spazio: sarà quest’anno, sarà questo mese, sarà fra qualche giorno, “prende congedo dai suoi lettori”. È l’alba di un nuovo millennio, il più stupefacente e al contempo agghiacciante capitolo della storia umana, il Novecento, si è appena concluso; la storia tuttavia, procede inarrestabile, è imperativo non indulgere, non tergiversare, essa perpetra sé stessa imponendo agli uomini nuove difficoltà, nuove ed imminenti problematicità con le quali confrontarsi. Luglio 2001. “Non è una giornata qualunque: si riuniscono [a Genova] i capi di governo degli otto Paesi più potenti al mondo. In mattinata hanno sfilato in tanti, immigrati, disoccupati, ambientalisti, pacifisti. Hanno sfilato contro”. In quei medesimi, tragici, giorni, un uomo, un giornalista, un italiano di novantadue anni prende congedo dai suoi lettori, e dalla vita… Giovedì 22 aprile 1909. Nasce – da Sestilio Montanelli e Maddalena Doddoli – Indro Montanelli. Il nome del futuro giornalista viene scelto dal padre, devoto ad un ossequioso ed ortodosso ateismo che lo ha spinto a cercare per il figlio un nome che non figurasse sul calendario dei Santi. 1998. Il giovane Paolo Di Paolo, quindicenne, è stato da poco iniziato al giornalismo, legge avidamente le ultime edizioni de “La voce” – il giornale fondato da Montanelli dopo aver abbandonato la direzione de “Il Giornale” per divergenze con il nuovo proprietario, Silvio Berlusconi – ed invia provocanti lettere al direttore, sotto pseudonimo. “L’Imprevisto accadde nell’aprile 1998: avevo quindici anni, stavo studiando, squillò il telefono. Chiamavano dal “Corriere della Sera” […] Risposi: “Chi parla?”. Il cuore, nel frattempo, impazziva. Disse: “Sono Montanelli”…

“Incendiata, imbrattata, divelta, decapitata […] mercoledì notte, a Richmond in Virginia, la figura alta due metri e mezzo di Colombo è stata abbattuta dal suo piedistallo in un parco cittadino, bruciata e trascinata con delle corde al vicino laghetto di Byrd Park dove è stata gettata.” (Silvia Luperini su “la Repubblica”, 10 giugno 2020). Sono molte le tematiche su cui Paolo Di Paolo si sofferma in Montanelli Vita inquieta di un anti-monumento, nonostante ciò la perla celata in quest’agile saggio sospeso tra storia e biografia è custodita dalle prime pagine dell’opera. Il rapporto con gli antenati, o meglio il rimprovero degli stessi, la ricusazione del passato, poiché sono queste le modalità in cui tale rapporto va configurandosi oggi. Molte altre figure di innegabile spessore hanno subito una sorte analoga a quella del sopra citato Cristoforo Colombo. A Londra la lapide di Karl Marx è stata brutalmente presa a martellate. A Milano, fiumi di vernice rossa o rosa sulla statua di Indro Montanelli, inaugurata nel 2006. “Si tratta di rimozioni per certi versi infantili, di reazioni allergiche alla complessità delle cose. I fatti, le biografie, le contraddizioni, le ombre”. L’ergersi al di sopra del passato, l’attribuirsi la toga di giudice morale di tutto il vissuto, e, dall’alto di un severo quanto stolido scranno morale, scagliare giudizi ovunque ciò sia possibile; è sintomo di un’indicibile miopia, di strutturale incapacità di comprendere e, come afferma lo storico Alessandro Barbero: “non è quasi mai accompagnata da una reale disponibilità a studiare, approfondire, capire”. L’uomo Indro Montanelli – la cui vita è ripercorsa a ritroso dall’autore nella sua interezza, senza alcuna censura – ci rammenta che “per giudicare degli uomini, bisogna essere uomini”: “Mi auguro che lo diventiate”, disse il giornalista redarguendo un gruppetto di liceali che apostrofava la sua, di certo ingiustificabile – ricordiamo che capire non significa giustificare – adesione al fascismo ed alla campagna di Etiopia.