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Il viola si moltiplica nelle immagini concepite dalla mente, lamine colorate che si accumulano una sull’altra e fanno da sfondo a un prato di fiori dove i petali riportano i ritratti delle persone, persi nel niente quando si staccano dallo stelo “… vibrano a lungo / prima di cadere / per farci finire ”… I cigni dai colli cromati appaiono come animali meccanici, automi che galleggiano sulla superfice per dirigersi là dove la corrente si va a tuffare nell’immensità del mare. Intorno ai cigni licheni di metallo offendono le piume, le oltraggiano mentre si distendono sullo specchio dell’acqua “… i licheni / si espandono / oltre la linea di galleggiamento ”… Le alture rocciose assumono la forma di canne d’organo che suonano nel cielo la loro melodia, un richiamo al rito dell’iniziazione che si risolve in una sproporzione dei suoni, prevale l’annullamento e la soppressione di istinti giovanili “… apoteosi di nullità / sproporzione di forze”. Il condominio ha aperto le sue porte all’esterno, il portiere è il factum che determina la fusione tra l’universo privato delle stanze e lo spazio pubblico, le persone osservano e i loro volti sembrano consumati dalla simbiosi con il volto del portiere; solo una parola potrebbe fermare il processo, ma è “… la parola-chiave che l’amministratore / delegato alla sicurezza / non ricorda più”… La sagoma dell’astronauta agganciato al guscio della sua navetta spaziale incede per assolvere al proprio compito, si insinua nel succedersi dei tunnel fino a quando una luce abbagliante ferma l’esploratore, il suo corpo si perde infine nel nulla “… la sagoma antropomorfa / decade in tecnodetrito”… La luce del faro è una guida che perde il suo ruolo salvifico se si tuffa nell’acqua del mare e si lascia assorbire, così la nave finisce per incagliarsi negli scogli. L’oscurità prevale, ma il guardiano non ha tempo per rimediare a quanto è accaduto, chiude come sempre il suo turno e si appresta ad andare “… il guardiano del mare / scende con clama i gradini”. Le stanze si succedono, una uguale all’altra creano un labirinto senza uno sbocco dentro cui si è insinuato Teseo, che varca ogni soglia aprendo una porta a sua volta riproposta in una continua ripetizione; l’eroe è inconsapevole di essere l’artefice della sua uscita dalla storia umana “…di aver anticipato / il filo del suo destino”…

Nella sua ultima raccolta Carla Paolini rivela un particolare interesse per la traduzione, offrendo di seguito a ognuna delle sue poesie la versione in inglese. “Tradurre significa entrare in sintonia con le emozioni di un altro autore – spiega la poetessa – nel mio caso però si tratta della traduzione della propria opera, possibile solo attraverso un’evoluzione a livello linguistico. Per tradursi non si deve solo guardare al contenuto del nostro lavoro, ma cercare di riproporlo con un linguaggio nuovo e aggiornato in un’altra lingua, è un passaggio di riflessione e al contempo un tentativo di avanzamento culturale e formativo per comprendersi meglio, per scoprire nuovi messaggi che la nostra scrittura può trasmettere, per indagarsi a fondo come individuo, non solo come autore”. La raccolta si divide in due sezioni: il poemetto Logovisioni, composto da sedici componimenti, e una seconda parte con dodici poesie e una prosa poetica introduttiva. Nella prima parte le parole di Carla Paolini descrivono immagini della mente, figure surreali generate dalla fantasia che nella loro artificiosità lasciano intuire l’ansia che le ha fatte emergere dalla zona più profonda della psiche. Poesia dopo poesia prevale una ripetizione delle forme e delle emozioni, un succedersi di situazioni che tendono alla consumazione della materia fino al suo inevitabile esaurimento. L’autrice non teme l’aspetto inconsapevole della sua mente, anzi ne appare attirata fino al punto di renderlo poesia per comprenderne meglio l’origine e gli effetti. La seconda sezione è dedicata alla rivisitazione di situazioni esistenziali quotidiane, essenziali per il cammino di comprensione del proprio io iniziato nelle pagine precedenti. La routine della tavola apparecchiata che distrugge la magia del ricordo della prima cena insieme, la poesia vissuta come un ballo nella sua leggerezza ma anche nella capacità di stupire come una bella coreografia, il climaterio ritenuto un evento inevitabile. Tutto diviene poesia e completa l’introspezione iniziata a livello mentale. Carla Paolini scrive versi fin dall’adolescenza. I suoi interessi a livello culturale si intrecciano con le arti figurative, la musica e la fotografia, in una ricerca della qualità di espressione che diventa multidisciplinare. Ha al suo attivo poesie e racconti pubblicati su svariate antologie letterarie e opere in versi. La sua prima raccolta di spessore, dal titolo Impronte digitali, è stata pubblicata nel 1993, a cui è seguita due anni dopo la silloge Diverso inverso. La Baroni Editore di Viareggio nel 1998 ha dato alle stampe Una per una, mentre per l’editrice Il Campanotto nel 2001 è uscita Ai cancelli del flusso. Tra le ultime fatiche di Carla Paolini Moti moventi. Il linguaggio del corpo, edizioni Controluna 2019.