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Mrs. March

Mrs. March

Suo marito, George March, ha scritto un altro libro. Uno bello grosso che porta in copertina un vecchio dipinto olandese a olio in cui è raffigurata una giovane serva che si tocca il collo. Mrs. March passa davanti a una libreria di quartiere e nota una piramide impressionante dei volumi del marito. Il romanzo va a ruba anche nelle librerie meno frequentate ed è destinato a diventare un bestseller. Lei sta andando alla sua pasticceria preferita, quella con il tendone rosso e la panchina imbiancata davanti. Appena la raggiunge, osserva il proprio riflesso nella porta di vetro prima di entrare. Poi, all’interno, i fiati caldi e l’odore dei corpi sudati si fondono con il calore dei forni in cucina. Al bancone si è formata una lunga coda e, quando arriva il suo turno, Patricia, la capellona con le guance rosse che gestisce il negozio, le chiede se deve prepararle il solito pane con le olive. Mrs. March annuisce, ma aggiunge al suo ordine anche due scatole grandi di macaron, che proporrà come dessert per il party del giorno successivo. Patricia le rivela di aver quasi concluso la lettura del romanzo di Mr. March e le chiede come ci si senta ad essere il personaggio ispiratore del libro. Cosa? Mrs. March non comprende: come può suo marito essersi ispirato a lei per creare la protagonista della sua storia? Si tratta di una prostituta. Di più: una prostituta che nessuno vuole portarsi a letto. Patricia nota l’imbarazzo e la delusione della signora March e prova a rimediare, ma l’altra avverte una sensazione di fastidio così intensa da essere costretta ad abbandonare sul banco le scatole di macaron e a uscire dalla pasticceria. Non guarda dietro di sé neppure una volta, perché ha paura che Patricia la segua, almeno quanto teme che non lo faccia. Cammina per strada a passo rapido, senza un obiettivo, senza affidarsi al suo solito percorso, senza il pane alle olive e senza i muffin per la colazione che aveva avuto intenzione di acquistare in pasticceria...

Nulla spaventa più del giudizio altrui. Questo è l’assunto dal quale si snoda il thriller psicologico che segna l’esordio letterario dell’autrice spagnola Virginia Feito. Si tratta della storia di una donna che ha fondato la propria esistenza su premesse tanto mutevoli da cedere al primo soffio di vento, lasciandola completamente indifesa in un mondo che non riconosce più. A Mrs. March è stato insegnato che le apparenze, e tutto ciò che si pone all’esterno, sono sostanza principale di tutto quello che non si vede. Anche nel matrimonio, quindi, ogni cosa si costruisce dall’esterno all’interno. Ed ecco quindi che la sua vita - fatta di feste, catering, tartine raffinate, fragole con la panna - ha la propria ragione d’essere solo accanto al marito, il celebre George March, scrittore. Il nome della donna non viene mai rivelato nel corso della narrazione, perché non serve. Non è importante. Quel che merita interesse è esclusivamente il fatto che la vita della donna graviti nell’orbita dell’osannato scrittore, il cui ultimo romanzo sta avendo grande successo. Ed è proprio la protagonista di questo ultimo romanzo a sgretolare l’esistenza di Mrs. March. Sì, perché la prostituta Johanna di cui si parla nel libro, rifiutata persino dai suoi clienti, è stata modellata secondo le caratteristiche della moglie dello scrittore. È quella raccontata dal marito, quindi, la sua percezione pubblica? È così che viene vista dagli altri? Ogni prospettiva muta, la donna si sente braccata da un’immagine di sé che non conosceva; paranoia, senso di claustrofobia e rancore crescente nei confronti del marito sono i sentimenti che montano nell’animo della donna, le cui certezze franano e non resta alcuna via d’uscita, alcun pertugio laterale attraverso il quale rinforzare quelle fondamenta, unicamente poggiate sull’apparenza, che non tengono più. Un thriller psicologico curato in ogni minimo particolare, così preciso e sofisticato da lasciare senza fiato a ogni pagina. Tutto è teso, tutto è in equilibrio precario fino allo scioglimento finale, che lascia nel lettore l’amara consapevolezza di quanto effimere siano le certezze di ciascuno di noi.