
Una biografia di Napoleone Bonaparte non può che iniziare da quello che lui stesso riteneva fosse stato il giorno più bello della sua vita, l’1 dicembre 1805. È notte, fa freddo. Siamo in Moravia, nella pianura che passerà alla storia come la pianura di Austerlitz. I soldati francesi siedono attorno ai fuochi, qualcuno dorme steso sulla paglia, qualcuno mangia, qualcuno beve alcol e parla sottovoce. Tutti aspettano l’alba e la battaglia. Passa un gruppo di ufficiali a cavallo: sono avvolti nei mantelli ma qualche veterano riconosce il cavallo bianco e l’uomo che lo cavalca. È Napoleone. Si alza un grido: “Vive l’empereur!”, i soldati si alzano, si stringono attorno a quella figura. “Nasce, inattesa e spontanea, una specie di fiaccolata, segnata da queste grida di Vive l’empereur! Che sono sempre più insistenti”. Come una scossa elettrica si diffonde per l’enorme schieramento francese, che è lungo chilometri: un passaparola inarrestabile sveglia settantamila soldati. Da lontano i nemici austro-russi vedono le luci accendersi, il boato delle grida e un brivido percorre la loro schiena. Napoleone è felice, quelle “(…) sono le voci dei suoi soldati, il più bell’esercito che abbia mai avuto e forse il più bello che avrà mai, che lo saluta nella notte”. Ma chi è Napoleone Bonaparte e come ha fatto a diventare imperatore nel cuore della rivoluzione più libertaria che il mondo abbia mai visto?
Anche Sellerio celebra il duecentesimo anniversario della morte di Napoleone Bonaparte (avvenuta come si sa il fatidico 5 maggio 1821): lo fa con un volumetto che si legge in poche ore e senza nessuna difficoltà. Non è certo una biografia esaustiva del condottiero còrso, sia chiaro, piuttosto una riflessione sull’ascesa e la caduta di Napoleone. “Secondo la versione comune”, scrive Raimondo Luraghi nella sua introduzione al volume, “vincitore dell’Europa intera, con di fronte a sé nemici sfiduciati e divisi, si era assunto la responsabilità di riprendere la guerra (con la disastrosa campagna di Russia) e ne era uscito (giustamente) sconfitto. Già questa scelta avrebbe costituito un errore strategico di tale calibro da incidere negativamente sulla sua qualifica di grande generale. Ma le cose stavano veramente così?”. Prova a rispondere all’interrogativo Sergio Valzania, uno dei più importanti autori televisivi italiani, giornalista e autore di numerosi saggi storici con una predilezione per le biografie di personaggi illustri e la storia militare. Dal racconto di Valzania, Bonaparte esce in larga parte assolto, nel senso che – perfettamente a metà strada tra tradizione e modernità – egli fu in fondo ciò che poteva essere, e la sua parabola esistenziale e militare tutto sommato non avrebbe potuto essere poi molto diversa da quella che è stata, dalla Corsica all’isola di Sant’Elena. Il libro come detto è assai godibile, anche se l’approccio a tratti appare un po’ troppo aneddotico e lo stile un po’ troppo discorsivo. Del resto però si tratta della trascrizione – solo leggermente rivista – di un testo radiofonico realizzato da Valzania per la trasmissione di RAI Radio 2 “Alle 8 della sera” e quindi la cosa è abbastanza inevitabile: basta farsela piacere.