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Nel legno e nella pietra

Nel legno e nella pietra

Ha la certezza di essere stato miracolato più volte, Mauro Corona, mentre ripensa a un episodio accaduto anni addietro, in parete sulle Dolomiti, quando durante un’arrampicata si trova in difficoltà e senza appigli o senza fessure in cui poter piantare un chiodo. Quando ormai è stremato dalla fatica e in preda al terrore per la morte, Dio gli fa apparire un foro perfetto in cui può inserire il chiodo salva-vita... In un’altra occasione, mentre sta sgrossando un tronco per prepararlo alla scultura, perde il controllo della motosega che, bloccata in accensione dall’apposito pulsante, cade a terra e comincia a girare impazzita, muovendosi per la stanza con scatti e salti. Corona riesce ad afferrarla senza farsi male solo con grandi abilità e sangue freddo... Durante un mese di solitudine in montagna forzata ma scelta, nel freddo delle Alpi friulane, tra natura, pensieri, pace, rimorsi e rimpianti, Corona scolpisce animali, folletti e gnomi che di notte prendono vita per fargli compagnia, aiutandolo a placare l’ansia che lo attanaglia e facendolo riappropriare dei ritmi naturali e più ancestrali dell’uomo... In tempi lontani si perpetuava l’arte del racconto orale attraverso cui gli anziani, memoria della comunità, tramandavano ricordi e tradizione. Spesso si svolgevano gare di bugie, in cui i partecipanti facevano a gara a chi la sparava più grossa: il vincitore, proclamato da una giuria improvvisata, si portava a casa un litro di vino. Per i bambini come il piccolo Corona era uno spettacolo atteso e seguito con grande attenzione...

Con novantaquattro brevi racconti Mauro Corona propone ricordi autobiografici o aneddoti, che delineano un passato solo in apparenza remoto, in ognuno dei quali la protagonista è sempre la montagna, amata e rispettata. I boscaioli raccontati da Corona sono rudi e solitari come le loro vette, provati e induriti dalle fatiche, ma nascondono anche lati belli come un paesaggio illuminato dal sole o ovattato dal candore della neve. L’autore non ha paura di raccontarne anche i difetti, ma ne parla con semplicità, umiltà e consapevolezza: sanno rendersi colpevoli di delitti efferati, premeditati o impulsivi, per vendetta, orgoglio o avidità, senza rimorsi, ma altrettanto possono piangere per l’emozione di uno spettacolo naturale o la tristezza per la perdita del proprio cane, possono bestemmiare ma pregare una statua della Madonna. La narrazione è semplice, senza fronzoli, scorrevole e pochissimi sono i dialoghi: sembra quasi un diario, una scrittura di getto per fissare su carta ricordi e sensazioni, e qualche volta la nostalgia per il tempo che passa. Corona utilizza una scrittura quasi visiva, in cui le descrizioni e la personificazione di oggetti e concetti conferiscono quell’aura di magia che accompagna benissimo leggende popolari di fate e folletti cui l’autore fa riferimento. Le tradizioni – tramandate, rispettate o subite – sono uno dei capisaldi dei racconti, così come il rispetto per la natura e i suoi frutti al pari della paura del soprannaturale e della stregoneria. Leggerlo trasporta l’autore in un passato di canti e risse da osteria, scalate, giochi nei prati e racconti attorno a un focolare.