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Nella camera oscura

Nella camera oscura

Istvan Friedman, ebreo ungherese, scampa alla deportazione nei campi di sterminio nazisti, nascondendo la sua identità. Ha una passione per le immagini e per il suo bar mitzvah suo padre gli ha donato una macchina fotografica professionale. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale Istvan, che cambia il suo cognome in Faludi, “autentico ungherese”, si reca in Olanda dove lavora come cineasta e poi in Brasile. Nel 1953 arriva negli Stati Uniti e il suo nome diventa Steven, “autenticamente americano”: un altro cambio d’identità. Il matrimonio, due figli, una casa come quella di ogni americano, un lavoro da fotografo che lo porta a lavorare per le riviste patinate più famose. Un uomo violento e impenetrabile che non accetta il divorzio e accoltella il nuovo compagno della moglie e per quindici anni non vede i suoi figli, ritornando a Budapest, città dove è nato. È il 2004 e Steven ha 76 anni quando scrive una mail alla figlia, Susan, giornalista femminista, per informarla che ha cambiato sesso e adesso è Stefanie...

Questa opera di Susan Faludi (finalista del premio Pulitzer, uno dei dieci libri migliori dell’anno secondo il “New York book Review” e vincitore del Premio Kirkus) non è solo una biografia del padre fotografo, famoso per i suoi fotoritocchi, richiestissimo dalle più prestigiose riviste americane ed europee, della sua ambigua e complicata quanto impenetrabile vita, piena di cose non dette, di ombre, ma anche una lucida e precisa disamina di molti argomenti sparsi per tutte le parti del libro: la storia dell’Ungheria dall’Impero alla dominazione comunista, la storia degli ebrei in Ungheria attraverso le diverse persecuzioni fino all’Olocausto o alle moderne persecuzioni dei partiti contemporanei di estrema destra. Argomento trasversale è quello della ricerca dell’identità di un uomo, di un popolo, di un transgender. Un percorso doloroso nel passato che appartiene a Susan e che non conosce, uno svelamento impietoso e netto che mette a nudo la storia particolare della vita di suo padre, ma soprattutto quella terribile del popolo ebreo ungherese. La tematica del transgender è la scia sulla quale si imposta il concetto di identità e di quanto essa possa condizionare la vita come la storia. La scrittura è un bisturi, pulita, giornalistica, ma la caratteristica che colpisce di più è la capacità dell’autrice di interpolare e incastonare la narrazione della quotidianità dei suoi incontri con il padre, la loro storia personale e la narrazione degli eventi della grande storia.