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Neurocrime

Neurocrime

Danila Lucchini ha quarant’anni, è una ricercatrice ambiziosa, di successo, odiata dagli ultrà antivivisezione per le sue ricerche contro l’Alzheimer che vedono l’inevitabile sacrificio di inermi topini da laboratorio. Nella sua attività vanta una collaborazione prestigiosa, quella con il neuroscienziato Fabrizio Rocchi, con cui conduce una ricerca in vista di una terapia genica. Una sera d’autunno Danila è nella sua abitazione, si agita, di fatto è spaventata. Si attacca al telefono alla ricerca di un conforto, di un aiuto. Ormai è in preda al panico: teme che il suo ex possa farle del male. Il giorno successivo la commissaria genovese Lidia Parchi è nella faraonica residenza della Lucchini, dove insieme ad un manipolo di poliziotti è intenta ad effettuare un sopralluogo. Nei pressi della camera da letto scopre il cadavere proprio della Lucchini, riverso sul tappeto rosso, a lato del letto di ottone. Il viso è integro, macchie di sangue imbrattano il bianco della parete, a causa della pallottola che le ha forato il collo dalla parte posteriore. Dopo l’amara scoperta, Lidia congeda il gruppo di poliziotti, invitandoli ad uscire dalla scena del delitto. Scruta gli ambienti, rovista i cassetti, cerca di rubare ogni dettaglio utile per il caso da risolvere…

Esperimento letterario riuscito quello della coppia Bardi-Tabaton, la prima docente di Filosofia e Storia con spiccati interessi per la bioetica, il secondo neurologo e docente universitario a Genova. Il loro Neurocrime è un medical thriller di pregio che spicca per la qualità del plot, grazie ad una trama che accomuna la soluzione di un omicidio all’impegno dell’investigazione scientifica in vista della scoperta, cui si somma un intreccio ingegnoso, enfatizzato dalla struttura narrativa da “diario di bordo” della vicenda, espediente efficace nel rendere il ritmo serrato e incalzante tipico dei romanzi del genere di appartenenza. Uno stile che dimostra di leggere i tempi, senza sbavature o forzature ruffiane, adorna questa vicenda romanzesca che rivela ancora qualcosa in più. Queste pagine riescono a lanciare un messaggio spesso poco fruibile al grande pubblico, senza scadere nel vizio del didascalismo: ricordare che la scienza è un’impresa non sganciata dalla vita reale e che la professione scientifica, per obiettivi ed esiti, impone quindi sempre e comunque una riflessione etica, al di là della divisione fra confessionalità e laicità.