
Livia è stanca, stanca di tutto. Ha appena chiuso un caso davvero complicato. Un uomo ha rapito i suoi due figli e, dopo alcuni giorni di latitanza durante i quali ha tenuto i bambini nascosti all’interno di un magazzino freddo e sporco, li ha uccisi prima di togliersi la vita. Un gesto dettato dalla follia e dalla rabbia: l’ex moglie dell’uomo avrebbe voluto seguire, portando con sé i figli, il suo nuovo compagno a Milano, allontanandosi quindi di molto dal paese. Come conseguenza diretta della decisione della donna di trasferirsi al nord, il padre avrebbe trovato difficoltà contingenti al proposito di vedere con regolarità i figli. Un dramma legato a gelosie e ripicche che ha avuto un epilogo drammatico, aggravato ulteriormente dalla scoperta di un ulteriore cadavere, apparentemente estraneo alla vicenda: quello del fotografo catanese Ettore Malvasi, morto per aver assunto una quantità eccessiva di ossicodone, in un mix letale di alcool e oppiacei. Il commissario Livia è seduta sul divano del salotto di casa e insieme a Gabriele scorre le foto sul cellulare, trovato sotto il divano, di Valerio, suo vecchio compagno di scuola, con il quale aveva avuto, da ragazza, la sua prima vera storia d’amore. Livia e Gabriele, medico legale di cui la donna è innamorata, hanno deciso di cominciare un nuovo percorso di vita che ha portato alla convivenza a casa di lei poco prima che la pandemia di Covid-19 sconvolgesse i piani di ognuno. Ora, nel salotto di casa, appunto, i due osservano con stupore una delle immagini riprodotte dal cellulare di Valerio, che lo ritrae mentre è in compagnia di Ettore Malvasi e di Patrisha. Cosa fanno quei tre insieme? Valerio è coinvolto in qualche modo nella morte di Ettore? Qual è il ruolo di Patrisha all’interno di quello che sembra un vero e proprio rompicapo, dai risvolti davvero poco chiari? E cosa ci fa il cellulare di Valerio a casa di Livia e Gabriele?
Sesta avventura per il commissario Livia - personaggio nato dalla penna e dalla fantasia di Silvestra Sorbera, piemontese di origine siciliana che lavora per diverse testate giornalistiche e alcune case editrici come editor e responsabile della comunicazione - e i suoi uomini, impegnati a trovare il capo di una matassa piuttosto imbrogliata, che getta l’ombra lunga del sospetto anche su una persona alla quale il commissario è piuttosto legato e che fa parte del suo passato. Ora, la trama, pur non essendo particolarmente originale, potrebbe racchiudere qualche aspetto interessante e anche l’intreccio narrativo mostra un minimo di struttura, per quanto non particolarmente articolata. Gli aspetti positivi del romanzo, tuttavia, qui si fermano. Il resto, purtroppo, non funziona affatto. La caratterizzazione dei personaggi non sembra sufficientemente approfondita, tanto che Livia, il suo compagno di vita Gabriele e tutte le persone che ruotano loro intorno non riescono a “bucare la pagina”, ma appaiono piatte figurine senza alcuno spessore. I dialoghi sono privi di originalità e, spesso, non movimentano la scena né contribuiscono all’avanzamento della storia. Fungono sovente da meri riempitivi, per giunta affaticando la lettura e annoiando il lettore. Inoltre - e questo è forse l’aspetto maggiormente irritante - il testo è zeppo di errori: refusi, errori grammaticali e sintattici, espressioni dialettali utilizzate a sproposito e tutta una serie di ingenuità stilistiche che non ci si aspetterebbe di trovare in chi ha già diverse pubblicazioni all’attivo. L’autopubblicazione, se non supportata da un accuratissimo lavoro di rilettura, correzione e controllo, può rivelarsi un boomerang capace di falciare con un colpo netto ogni tentativo di imporre la propria scrittura, la propria storia o il proprio racconto nell’intricata giungla del mercato editoriale. Occorre lavorare con attenzione e con un’accuratezza certosina per offrire al lettore il miglior prodotto possibile, mostrando così di rispettarlo davvero.