
La signora Child torna a casa, dove ad aspettarla ci sono Percy e Muggsy, i suoi cani, e Mary Moran, la domestica i cui servigi sono contesi con la signora Brown... La sveglia suona e Maggie si sveglia a fatica; ha un appuntamento con Jimmy Rhodes, dal quale potrebbe dipendere il suo futuro nel mondo dello spettacolo... Al Cothurnos Club, il signor Childress, da mattacchione qual era, è diventato un uomo alquanto taciturno... Robert Ammond lavora nell’ufficio pubblicità della casa editrice Ammond & Stepworth, che ora è sotto il controllo della gigantesca Wycherly Enterprises... Il signor Hart, un lavamacchine di colore con una numerosa famiglia a suo carico, vince una schedina per la prima volta... Joan Hamford incontra casualmente su un taxi Louis Jaffee, che un tempo la accompagnava quattro o cinque volte alla settimana all’appartamento di Henry Miller... L’attrice famosa attende per pranzo la figlia ventunenne di John Blackwell, quando riceve la telefonata di Maude Long... Caroline e suo fratello, texani di nascita ma cresciuti al nord, ricevono la visita dell’avvocato di Dallas Ham Glendon e di sua moglie Ellie… Nick Orlando entra nel ristorante e il capocameriere, su sua richiesta, lo accompagna al tavolo dove è in corso un’intervista a Mary Coolidge... Frankie si presenta dal signor Dimello chiedendo di essere assunto come barbiere e viene accontentato... Rientrato a casa, Miller scopre che Herman Wasservogel, che era il barbiere di suo padre, lo sta aspettando... Jack entra in casa di Gretchen e Mary; la prima è al momento immersa nella vasca da bagno, mentre la seconda attende l’arrivo di Billy Walton... Rich Hickman, il barista, sta per staccare dal servizio, quando il padrone, Wigman, gli chiede di bere un ultimo bicchiere insieme... Un certo signor Jarwin si presenta nell’ufficio del signor Russel per parlare del Fondo Duke Brady... Al ristorante, Jimmy chiede a Hymie di parlare in modo incomprensibile al cameriere, al quale viene ordinato “il portis sul portistan sul vitello”... Prima di andare a teatro, l’attore Don Tully consuma uno “spuntino” molto corposo... Quando Jack Dorney esce di casa, nonostante non sia più sulla cresta dell’onda, il portiere prova ancora un brivido nel pronunciare il suo nome... Hugo Rainsford divenne famoso negli anni Venti sulla costa atlantica come il tackle gigante di Harvard, nonostante fosse alto solo un metro e ottantotto e il suo peso forma non superasse i cento chili... Dopo una partita di golf al St. James Club, a Jim arriva una telefonata di Charley: Nancy è morta, ha avuto un infarto dopo pranzo...
John O’Hara è riconosciuto come uno dei maggiori esponenti del realismo americano e la raccolta di racconti che Bompiani propone sotto il titolo di The New York Stories è emblematica. È proprio l’immagine patinata della New York all’avanguardia quella che O’Hara inquadra, ingrandisce e, con un taglio allo stesso tempo ironico ed emotivamente coinvolto, smaschera. Agli angoli bui delle strade, nei locali avvolti nel fumo e annegati nell’alcool, nei salotti in apparenza impeccabili dell’alta società, O’Hara scandaglia le inquietudini sociali e individuali della città americana per eccellenza. Lungo la scala sociale si assiepano donne e uomini che vivono vite stentate, pericolosamente in bilico sull’orlo della depressione e della follia: che si trovino in un cantuccio anonimo o sotto le luci della ribalta, tutti i personaggi mettono in scena le proprie piccole disperazioni, i lutti, i divorzi, le sferzate violente della sfortuna che ne minano la stabilità emotiva. O’Hara è davvero un maestro nel presentare il suo catalogo umano senza accenti di patetismo o condanna, ma sempre con un riserbo dimesso che ne rispecchia la profonda partecipazione emotiva. L’attenzione si concentra soprattutto sul mondo del cinema e dell’editoria, un universo tanto variegato nelle personalità quanto omogeneo nello sconforto che lo percorre. O’Hara l’ha vissuto intensamente in prima persona e la sua biografia ne è la prova; i suoi racconti lo restituiscono nella minuziosità dei particolari e nella pregevole gestione dei dialoghi, che a volte diventano tanto estesi da inglobare tutto il resto. La New York di O’Hara è una città vissuta e descritta dalle fondamenta alle cime dei grattacieli; chi volesse una testimonianza di cosa significasse vivere nella Big Apple tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del ventesimo secolo non deve far altro che rivolgersi al suo più lucido narratore.