
L’aereo ha appena toccato terra. Margherita si volta verso l’uomo seduto accanto a lei e le pare sia tranquillo. Le ha fatto qualche domanda appena si sono seduti, al momento del decollo, ma poi ha rinunciato e si è voltato verso il vuoto e così è rimasto. Margherita pensa di essersi addormentata. D’altra parte, la sera precedente non ha chiuso occhio, a causa della tensione per la nuova avventura che sta per affrontare, suo malgrado. Quando l’uomo le dice che è arrivato il momento di scendere e allunga una mano per toccarle il braccio, Margherita si sente rabbrividire e, dichiarando di non volere uscire dall’aereo ma di voler tornare a casa sua a Viborg, si afferra al sedile e alla cintura di sicurezza ancora allacciata. Interviene anche la hostess, piuttosto allarmata e l’uomo fatica non poco a farle credere che quella ragazzina in piena crisi di panico, che continua a ripetere di volere sua madre, sia sua figlia. Sì, Margherita è la figlia di Francesco, un padre a metà da quando la moglie Angelika è fuggita con una scusa in Danimarca, portando con sé la bambina e impedendogli, da allora, di farle visita e frequentarla in maniera regolare, come ogni padre, anche se separato dal partner, dovrebbe poter fare. Sono trascorsi dieci anni durissimi da allora, dieci anni di viaggi inutili, di tribunali, accuse, disperazione. Ma ora Angelika è morta a causa di un incidente stradale e Ingrid - la tata che da sempre si è occupata della bambina e l’unica che ha mantenuto negli anni i rapporti con Francesco, mandandogli regolarmente le notizie più importanti riguardanti la figlia, rigorosamente di nascosto - lo ha avvertito e lo ha esortato a riportare la figlia in Italia, prima che fosse troppo tardi. Ed ora eccoli lì, due estranei nella carlinga di un aereo che devono imparare a conoscersi, a fidarsi uno dell’altro, ad accettarsi, a volersi bene…
Una vita riempita, per dieci lunghi anni, unicamente dall’assenza del bene più prezioso, quello di un figlio, sottratto - come ancora troppo spesso accade quando in una famiglia si spezza l’equilibrio tra i partner - ad un genitore e portato in una terra straniera. Una vita fatta, per dieci lunghi anni, di surrogati della figura paterna, che si alternano al fianco della madre come teatranti su un palcoscenico e offuscano i vaghi ricordi dell’unica persona che dovrebbe arrogarsi il titolo di padre. Due vite spezzate e incomplete quelle di Francesco e Margherita, padre e figlia allontanati da un destino beffardo e ricongiunti, quando ormai sono diventati estranei uno all’altra, da un evento altrettanto drammatico. E allora si deve cercare di raccogliere i cocci - frantumati dal dolore e dall’angoscia - di due esistenze vissute a metà e tentare di ricomporli; si deve trovare un linguaggio comune in grado di riscaldare due cuori ormai inariditi; si deve tendere lo sguardo, intristito e cupo, verso la stessa fonte di luce fioca, per ricostruire una fiducia reciproca avvilita dalle circostanze e soffocata dall’egoismo. Si tratta di un cammino durissimo, irto di ostacoli e di rallentamenti; una strada tortuosa piena di luci ed ombre che si inseguono; un percorso fatto di tante lacrime e poche risate. Ma è l’unica via possibile per ritrovare il proprio posto nel cuore di chi si ama e per ritrovarsi. Prendendo spunto da una storia vera, Sara Rattaro - scrittrice genovese che ha vinto con questo libro il premio Bancarella 2015 - riesce come sempre a parlare al cuore dei lettori, raccontando con coraggio ed estremo garbo un tema spinosissimo qual è la sottrazione di minori a uno dei genitori da parte del partner, che spesso si rifugia in terra straniera, rompendo in maniera brusca e drammatica ogni tipo di rapporto. Si tratta di una questione delicatissima che la Rattaro riesce ad affrontare senza esprimere giudizi e senza cadere in finti moralismi. Il suo racconto vuole essere un inno di speranza e di fiducia nei confronti dell’unico sentimento tanto potente da riuscire ad allontanare ogni paura e ad abbattere ogni barriera: l’amore.