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Ninfa dormiente

Ninfa dormiente

“Il tempo vale, fugge, cela. Il tempo nasconde sempre qualcosa. Un segreto, un ricordo, una promessa mai mantenuta, il dolore”. Come un’onda che viaggia da un punto all’altro e trasporta gli oggetti, le parole, i ricordi e le persone, è il tempo che porta a Teresa Battaglia il nuovo caso da risolvere. E lo fa nella forma di un quadro dipinto settant’anni fa, durante la Seconda guerra mondiale, da un giovane partigiano: “La ninfa dormiente”, di una bellezza sconvolgente, ma che contiene in sé qualcosa che va oltre la meraviglia dell’arte e il talento del pittore. Un messaggio che, in qualche modo, sembra destinato proprio a lei, alla sua vita presente e passata e dunque anche al futuro. Come se la tela, il pennello, il colore che non è solo colore, contenessero un’invocazione, un lamento, o un rito ancestrale al quale Teresa Battaglia non può sottrarsi. La Val Resia, nella parte nord orientale del Friuli Venezia Giulia da dove il dipinto proviene, con la sua natura quasi primitiva, è un luogo fuori dal tempo, dove il tempo stesso però converge come in un imbuto e attira Teresa e il suo vice Massimo Marini. La natura, madre e custode, e un quadro ritrovato sono i testimoni di un omicidio avvenuto molti anni fa. Non c’è un corpo a confermarlo, non c’è un assassino a confessare, ma solo una flebile traccia di sangue, un filo rosso che conduce dentro al labirinto del tempo dentro il quale Teresa deve entrare, spinta dal caso ma anche dalla sua malattia, che col tempo la fa combattere ogni giorno. Un tempo che sfalda i ricordi, che brucia la memoria, che le impedisce di vivere e che la fa smarrire ogni istante di più. E se i ricordi sono l’unica arma, ma a doppio taglio, a sua disposizione, c’è qualcuno che ancora custodisce il segreto del quadro, un segreto che deve rimanere tale ma che Teresa Battaglia sta portando lentamente alla luce, come si farebbe con le ossa di uno scheletro…

Il secondo romanzo che vede protagonista Teresa Battaglia è una storia densa e ricca di elementi e rimandi a una cultura antichissima che dominano l’intera trama. Forse proprio perché si ha a che fare col tempo, questa forza sconosciuta e inafferrabile, impalpabile nel futuro e congelata nel passato e che solo nel sottile filo e veloce attimo del presente possiamo cogliere, leggendo ci pare di camminare sopra un tappeto di foglie antiche, un sottobosco di storie e tradizioni che Ilaria Tuti riporta alla luce, dandoci modo di scoprire una località friulana, quella della Val Resia, a lungo rimasta isolata e che conserva ancora oggi una lingua e delle tradizioni uniche e che affondano le loro radici lontanissimo, non solo nel tempo ma anche nello spazio. Le origini dei suoi abitanti si perdono nella storia e vanno ben oltre l’occupazione cosacca avvenuta durante la Seconda guerra mondiale. Ilaria Tuti sparge ovunque simboli e dettagli, costringendo il suo personaggio principale a una difficile lotta contro il proprio corpo. Perché questo nuovo caso domanda memoria, pretende la voce dei ricordi, ma saranno proprio la memoria e i ricordi gli avversari con i quali il commissario Teresa Battaglia dovrà fare ogni giorno i conti. Il Male, se così vogliamo chiamarlo perché non sempre il Male è demoniaco ed è vero che “anche le brave persone possono uccidere”, la osserva mentre lei sta cercando la verità. Ma farà di più: le ruberà la sola cosa che la aiuta a tenersi aggrappata al presente che sempre le sfugge di mano, fin quasi a sopraffarla. Scendendo appena più a valle e spostandosi leggermente ad est rispetto a Fiori sopra l’inferno, Ilaria Tuti conferma il suo talento, regalando una trama avvincente e complessa a un personaggio che, in questa seconda avventura, rafforza il suo essere estremamente reale, mostrando al lettore il suo lato più debole, e dando spazio anche alle vicende personali di Massimo Marini, un vice per nulla gregario. E se Teresa sta per annegare nel passato, Massimo Marini guarda con sgomento al futuro. Un futuro nei confronti del quale lui si sente indegno. Un cerchio, forse, quello fino a qui creato da Ilaria Tuti, che non sembra ancora essersi chiuso e del quale Teresa Battaglia è il centro. C’è forse un segno, alla fine, che ci svela qualcosa che potrebbe ancora accadere. Quattro parole, un avvertimento, per quello che forse potrebbe essere l’ultimo atto: “Madre d’ossa. Stai attenta”.