
Napoli. Lui, Ciccio, è appena riuscito a attraversare Piazza san Domenico Maggiore, ma deve trovare riparo al più presto perché la pioggerellina improvvisa, piacevole e rinfrescante, si sta trasformando in un vero acquazzone. Nessun taxi nei paraggi. Si dirige verso Corso Umberto, ma sorpreso dalla violenza del nubifragio ripara dentro l’archivio di Stato di Napoli. In origine era un grande monastero, costruito intorno al 1000 a ridosso delle mura più antiche della città. Due impiegati stanno discutendo, come succede abitualmente, tanto da essere raccontato anche negli Aneddoti e profili seicenteschi di Benedetto Croce, si litigano il tavolino fortunato. Uno deve mettere i numeri alla schedina, l’altro deve raschiare cinque “Gratta e vinci”. Ma Ciccio, il “professore”, si premura di spiegare che in realtà quel tavolo non ha mai portato fortuna a chi lo ha usato, come invece racconta la tradizione, lui ha dovuto studiare a fondo la storia di Carlo Capecelatro e don Dima Ciappa, ha trovato carte che nessuno ha mai visto, è stato un bravo commissario, Vincenzo Casillo che nel 1817 ha seguito la vicenda e assicurato alla giustizia i colpevoli dell’orrendo omicidio, se sono interessati può raccontare come andarono i fatti. Davanti auna tazza di caffè inizia a raccontare…
Nobili e ignobili - Il duca, il prete e la cortigiana è la storia romanzata dell’omicidio del duca Carlo Capecelatro, appartenente alla corte di Ferdinando I di Borbone. Alessandro Fiorillo, autore del romanzo, è psichiatra e criminologo clinico, docente presso la Clinica psichiatrica della Facoltà di Medicina dell’Università di Napoli, ultimo direttore dell’Ospedale psichiatrico “Leonardo Bianchi”. Gli eventi principali narrati, realmente avvenuti nel 1817 a Napoli, sono stati oggetto di una accurata indagine di polizia, a cui seguì un processo che ebbe grande risonanza, perché coinvolse, oltre i tenutari di una casa chiusa, anche un famoso prete, don Dima Ciappa, mandatario dell’omicidio, reo anche di strozzinaggio e frequentazione di prostitute. Le pagine sono sature di riferimenti storici, digressioni storico-sociali, descrizioni dei quartieri e informazioni toponomastiche particolareggiate della Napoli borbonica e contemporanea, che purtroppo, per quanto interessanti, in molte parti appesantiscono la lettura e distolgono dalla storia. La caratterizzazione dei personaggi ricorda vagamente protagonisti di altri racconti, come ad esempio il gruppetto di poliziotti, versione napoletana “easy” della ben più conosciuta squadra di Vigata. Nobiltà e plebaglia che si mescolano tra torpide passioni e sfruttamenti, personaggi storici e d’invenzione con connotati e comportamenti plausibili. Tra tutte spicca l’interessante rappresentazione che Fiorillo fa del Re Nasone, Ferdinando I di Borbone, buono e semplice, monarca di buon senso, che parlava la Lingua Napoletana e nel suo lungo regno si adoperò per il bene del suo popolo. Tante, tante informazioni e curiosità sulla tradizione partenopea, che innegabilmente Fiorillo conosce e ama profondamente e le fa amare anche al lettore.